Assalto allo Stato, non solo per derubricarne il ruolo, ma destrutturarlo, scarnificarlo e distruggerlo dall’interno
Tutti in fila, a baciare la pantofola dell’emiro tornato al potere. Non proprio dignitoso lo spettacolo con protagonisti i tycoon della Silicon Valley, massimi proprietari americani delle fortune tecnologiche mondiali (comunicazione, social, intelligenza artificiale, conquista privata dello spazio) che devono rinnovare la loro fedeltà al rieletto Trump o conquistarne i favori e la benevolenza dopo aver sostenuto politicamente i rivali dell’uomo più potente dell’anno secondo la rivista ‘Time’. Pagina da moderno Medioevo. Con tanto di intrighi di corte. Perché c’è un co-protagonista, anzi un iper-protagonista temuto, che li ha battuti tutti in genialità, sfrontatezza, primato economico e ora anche potere politico: Elon Musk, il “best buddy” del prossimo capo della Casa Bianca che ha addirittura deciso di farne un esponente della sua amministrazione, mettendolo alla testa di ‘Doge’, l’ufficio in cui dovrà, novello “Milei statunitense” munito di impietosa motosega, licenziare centinaia di migliaia di funzionari statali ritenuti “in esubero”. Un programma impossibile nei futuri quattro anni, calcola l’economista Tito Boeri, per questo subito infangato su X (l’ex Twitter passato nelle mani del sudafricano), che ha asservito nel modo più sfacciato anche quello che veniva considerato uno spazio di libertà espressiva e comunicativa.
Conflitto di interesse madornale per un uomo che ormai deve le sue nuove fortune non tanto alla Tesla, ma alle miliardarie commesse della Nasa e del Pentagono, un banchetto a cui vorrebbero partecipare anche i suoi contriti penitenti in trepida attesa davanti al portone della pacchiana villa di Mar-a-Lago. Trasformazione ed evoluzione prevedibili. Plastica rappresentazione di come dovrebbe essere il mondo del prossimo futuro. Delle cui avvisaglie avevamo avuto diversi segnali. Primo fra tutti, in un recente passato, il fatto che Musk era diventato il monarca della conquista privata dello spazio: controlla il 40 per cento dei satelliti, li ha messi a disposizione sia degli ucraini sia dei russi, può contribuire alle fortune o sfortune militari degli uni o degli altri, li potrebbe usare come strumenti di ricatto; intanto ha già ottenuto che il Pentagono finanzi le sue “invenzioni” nel campo della difesa, con la produzione di apparecchi da installare nel cervello di soldati eterodiretti da una centrale che indica loro come e dove colpire il nemico. Assalto allo Stato, non solo per derubricarne il ruolo, ma destrutturarlo, scarnificarlo, distruggerlo dall’interno.
Per assecondare una sorta di “darwinismo sociale”, lotta di sopravvivenza individuale, in cui l’assistenza pubblica sarà bandita, sarà una bestemmia, sarà esposta al pubblico ludibrio. Il massimo traguardo del thatcherismo, per cui “non esistono gli Stati, esistono gli individui” oppure del reaganiano “lo Stato non è la soluzione ma il problema”. Approdo inevitabile dopo che per un paio di decenni gli Stati, la politica, i partiti hanno abdicato al loro ruolo di mediatori e regolatori della “libera mano del mercato”. Se l’operazione riuscirà, se non vi sarà una reazione dal basso, se sarà il “muskismo” a imprimere questa svolta, il disastro sociale è alle porte, mentre già i suoi effetti regolano anche le politiche locali, anche quella di casa nostra, con partiti e politici affascinati e sicuri dell’efficacia della nuova ricetta. Tranne poi correre a occupare, come da sempre, la poltrona pubblica rimasta vuota.