Non sono ancora note le motivazioni, ma il consiglio di Stato rinuncia da subito alla sua applicazione retroattiva. Vittoria amara per Claudio Zali
Da quasi tre anni e mezzo la legge che istituisce la tassa di collegamento era oggetto di ricorso presso il Tribunale federale di Losanna. Una ventina i ricorrenti in rappresentanza di altrettante aziende, soprattutto della grande distribuzione, ma anche assicurazioni, società immobiliari, industrie e fondi d’investimento, che attendevano da tempo una risposta che è arrivata nel momento peggiore. La crisi economica generata da quella sanitaria sta già mordendo e morderà ancora di più nei prossimi mesi. Il prelievo complessivo a carico di imprese e cittadini sarebbe pari a 18 milioni di franchi l’anno. Soldi che in questo periodo sarebbero manna per l’economia ticinese. Insomma, i giudici federali non potevano scegliere momento meno opportuno, per usare un eufemismo, per dare ulteriore avallo a questa normativa pensata per scoraggiare il traffico privato a vantaggio di quello pubblico e collettivo. Vigendo la separazione dei poteri, si potrebbe argomentare giustamente che la massima istanza giudiziaria prende le sue decisioni in base al diritto e alla giurisprudenza indipendentemente dall’attualità. Sulla legalità della stessa non ci sono dubbi visto che era stata approvata - non senza lacerazioni politiche - prima dalla maggioranza del Gran Consiglio e poi dal popolo, anche se di strettissima misura. Non sono ancora note le motivazioni dei giudici di Mon Repos e quindi sono prematuri i commenti di carattere tecnico e politico. Ma una valutazione generale è doverosa per dire che ora la palla passa di nuovo in mano alla politica. Già due partiti hanno chiesto se non l’abrogazione tout court della tassa (l’Udc) almeno il congelamento del prelievo (il Ppd). Insomma, comunque si procederà, sarà giocoforza una decisione politica influenzata dalla situazione contingente. Lo fu anche cinque anni fa quando sull’onda della lotta al ‘parcheggio selvaggio’ (Claudio Zali dixit) si mirava a colpire le aziende che occupavano frontalieri rei di spostarsi prevalentemente in auto per andare al lavoro. Si è capito dopo - e non poteva essere altrimenti - che la misura riguardava tutti i grandi attrattori di traffico e quindi anche chi in Ticino oltre a lavorarci ci vive.
Il consiglio di Stato prudentemente non ha preso posizione, se non per mettere le mani avanti sulla retroattività che è esclusa a priori, soprattutto in un momento di crisi economica. Quando saranno note le motivazioni giuridiche, l’esecutivo cantonale si chinerà anche sui legittimi interrogativi relativi alla messa in vigore del periodo di prova di tre anni, come previsto dal messaggio governativo. Nella propria valutazione - fa sapere il governo - si terrà debitamente conto dell’attuale situazione di emergenza con la quale il Cantone Ticino è confrontato. Certo è che uno dei cavalli di battaglia che ha caratterizzato negli anni scorsi l’azione politica del consigliere di Stato Claudio Zali, responsabile del Dipartimento del territorio, non può più essere rivendicata come una vittoria.