Il governo si appresta a decidere il futuro del balzello, alla luce pure dei paletti del Tf. C’è chi chiede l'abrogazione, chi il congelamento, chi la sostiene
"È confermato l’intento di non procedere alla riscossione retroattiva della tassa di collegamento. L’entrata in vigore della stessa, e conseguentemente l’inizio del periodo di prova triennale cui è soggetta, saranno stabiliti subordinatamente alla ricezione delle motivazioni delle sentenze del Tribunale federale, al superamento dell’urgenze dettata dalla pandemia Covid-19, alla ripresa delle attività economiche e all’adeguata informazione dei contribuenti. Per queste ragioni, la riscossione della tassa non è prevista prima del 2022”. Così in data 8 luglio il Consiglio di Stato scriveva alla Gestione che lo aveva interpellato su una serie di temi ritenuti dalla commissione parlamentare "prioritari" e "legati" all’emergenza Coronavirus. Una quindicina di giorni dopo, i giudici dell’Alta corte hanno intimato le motivazioni dei verdetti con cui in marzo avevano bocciato i ricorsi contro il balzello sui posteggi. Motivazioni con le quali Mon Repos fissa tuttavia diversi paletti. Settimana prossima il Consiglio di Stato dovrebbe decidere definitivamente e formalmente il futuro della tassa, rispondendo quindi anche ad atti parlamentari inoltrati a seguito delle sentenze. Con Matteo Quadranti e Paolo Ortelli, il Plr, per esempio, chiede che le autorità cantonali confermino “la rinuncia ad esercitare il diritto di incasso retroattivo” e che decidano “una moratoria per la sua entrata in vigore sino almeno al 1° gennaio 2025 alla luce di eventuali nuove esigenze di mobilità post Covid-19". Il Ppd con una mozione firmata da Maurizio Agustoni e Fiorenzo Dadò sollecita il congelamento dell’applicazione della tassa, invitando il governo a “valutare se essa possa ancora essere considerata uno strumento utile e appropriato, ritenuto che il finanziamento del trasporto pubblico non è comunque in alcun modo in discussione”. L’Udc, con un’iniziativa parlamentare di Sergio Morisoli, chiede tout court di abolire la tassa di collegamento. «Con un’economia che sta soffrendo a causa del coronavirus e un futuro carico di incertezze per le conseguenze della pandemia, sarebbe saggio rinunciarvi», rilancia il presidente democentrista, consigliere nazionale e sindaco di Monteggio Piero Marchesi -. Il Dipartimento del territorio sta già promuovendo interessanti progetti di mobilità aziendale: vada avanti in questa direzione, sollecitando la collaborazione di comuni e ditte».
Eppure il balzello è stato approvato da un’ampia maggioranza del Gran Consiglio (dicembre 2015), accolto, seppur di misura, dai cittadini chiamati alle urne nel giugno 2016 e infine avallato nel marzo di quest’anno dai giudici Mon Repos. «I ricorsi sono stati sì respinti ma quella del Tribunale federale non è stata affatto una vera e propria luce verde alla tassa: motivando le sue sentenze, ha infatti evidenziato alcuni grossi problemi legati al tributo», osserva, da noi contattato, l’avvocato Gianluca Padlina, estensore di alcuni dei diciannove ricorsi. «Il principale problema riguarda il limite dei 50 posteggi: secondo il Tf, può generare una disparità di trattamento il fatto che la tassa non venga prelevata a tutti i lavoratori, bensì solo ai dipendenti di aziende che dispongono di più di 50 parcheggi. E non è poco». Il Tribunale federale «ha poi salvato provvisoriamente il tributo, unicamente perché è sottoposto a un periodo di prova al termine del quale dovrà esserne valutata l'efficacia. Mon Repos ha però anche affermato espressamente che se dovesse risultare inefficace, la tassa sarebbe da ritenere inutile e contraria alla Costituzione». A questo punto «è però legittimo chiedersi se l’inefficacia del balzello non sia già stata ampiamente dimostrata, dato che per quattro anni i dipendenti di aziende con più di 50 posteggi hanno dovuto pagare il corrispettivo della tassa di collegamento senza però che questo aggravio finanziario determinasse una riduzione del traffico. È sotto gli occhi di tutti: il volume di traffico sulle nostre strade non si è ridotto. Nonostante la tassa, i dipendenti delle aziende non hanno potuto rinunciare al posto auto, per il semplice fatto che il trasporto pubblico sul percorso casa-lavoro non può essere un’alternativa praticabile per tutti. Il balzello non ha pertanto prodotto gli effetti sperati». Padlina auspica allora che la politica «si interroghi seriamente sull’opportunità di attuare un ulteriore periodo di prova quando dal 2016 al lockdown, anni in cui gli importi sono stati prelevati in attesa dei verdetti del Tf, il traffico non ha subìto contrazioni: preso atto dell’inefficacia della misura, il governo dovrebbe attivare la procedura per abrogare la tassa. Una tassa che stando ai suoi sostenitori avrebbe dovuto essere pagata dai frontalieri, ma che in realtà è stata pagata per oltre due terzi dai ticinesi». Avverte Padlina: «Se alla fine di un nuovo eventuale periodo di prova dovesse confermarsi che la tassa di collegamento non è in grado di determinare alcun effetto sul traffico, potrebbe legittimamente porsi la questione della restituzione degli importi, dato che il tributo sarebbe stato prelevato illegalmente».
«Dal Consiglio di Stato non ci aspettiamo niente meno che la decisione di introdurre una volta per tutte questa tassa», risponde interpellato dalla ‘Regione’ il consigliere nazionale socialista e vicepresidente dell’Associazione traffico e ambiente (Ata) Bruno Storni. Non c’è più motivo di attendere, spiega: «In fondo è stata votata dal Gran Consiglio, faceva parte del pacchetto di riequilibrio delle finanze cantonali, è stata accettata dal popolo e addirittura confermata dalla recente sentenza del Tribunale federale. E in più, questa tassa favorisce il trasporto pubblico». Tema sul quale Storni picchia forte, «perché mai come in questo momento ci sono state tutte le condizioni per un vero cambio di mentalità. Il Gran Consiglio poche settimane fa ha dato il via libera a oltre 460 milioni di franchi che porteranno a una rivoluzione nel settore, con un netto aumento sia dell’offerta sia della qualità. Pure questa tassa favorirà il cambiamento: non è un balzello fine a se stesso, ma anche un finanziamento di questa nuova offerta». Un altro punto su cui la tassa di collegamento darà una mano e «sul quale occorre lavorare duramente» per Storni è «quello della politica dei posteggi: è inutile tassarli se poi si continua a costruirne altri». Ed è importante, a suo avviso, ricordare come «i centri commerciali oggi hanno un bonus che non è corretto abbiano nei confronti delle attività, dei negozi che si trovano nei centri delle città. Lì dopo pochi minuti si paga già il posteggio, nei centri commerciali no. Questa tassa ha anche il senso e il merito di mettere un po’ più di equilibrio». I giudici di Mon Repos nel motivare il rigetto dei ricorsi contro il balzello hanno fatto un chiaro riferimento alla necessità di raggiungere gli obiettivi prefissati, perché se fosse fondata “solo su considerazioni fiscali sarebbe inammissibile”, questa tassa. Ebbene, per il vicepresidente dell’Ata i due indicatori principali con cui confrontarsi dopo i tre anni del periodo di prova sono «il numero di posteggi, paragonando quanti ne venivano affittati prima e quanti dopo, e soprattutto in dogana osservare il numero di persone per macchina». Concede come sia chiaro che «sarà difficile poter affermare se l’effetto di un eventuale calo di posteggi affittati o un aumento della fluidità del traffico siano solo merito della tassa, ma sarebbero comunque persone che hanno iniziato a usare il trasporto pubblico, dunque un dato positivo in ogni caso».