Per Claudio Zali la data dell'attuazione dipenderà anche da una valutazione delle conseguenze economiche generate dalla pandemia di coronavirus
«Salvo imprevisti la tassa di collegamento dovrebbe entrare in vigore nel 2022». Per il consigliere di Stato Claudio Zali, prima bisognerà infatti valutare «le conseguenze economiche» sulla popolazione provocate dalla pandemia e capire se e per quanto tempo proseguirà «il periodo di incertezza» legato al coronavirus. Il governo ha anche ribadito che l’attuazione dell’imposizione “non avrà effetto retroattivo”, si legge in una nota diffusa al termine della seduta odierna.
Il Consiglio di Stato conferma quindi, dopo aver "preso atto" delle motivazioni con le quali il Tribunale federale (Tf) ha respinto i 19 ricorsi, quanto aveva prospettato in luglio alla commissione parlamentare della Gestione. Ovvero che “l’entrata in vigore della tassa di collegamento non avverrà prima del 2022”, anche se il Tf ha invitato l’esecutivo a “fissare una data”. Si tratta di una «formulazione elastica», spiega Zali a ‘laRegione’, che ha come obiettivo quello di attuare questa imposizione «in un momento ragionevole», tenendo conto della crisi economica innescata dal Covid-19. L’entrata in vigore effettiva «sarà comunicata circa sei mesi prima per dare tempo» a chi ne sarà toccato di prepararsi.
Con l’entrata in vigore, inizierà anche il periodo di prova di tre anni. Un test che secondo gli oppositori al balzello di fatto si è già svolto, visto che alcune aziende avevano già riscosso il denaro. «Questa tassa non è mai entrata in vigore – precisa il direttore del Dipartimento del territorio – e il Cantone non ha mai prelevato un centesimo, né ha ordinato di farlo». È dunque «un’assurdità affermare che vi sia già stato un periodo di prova».
Durante questi tre anni bisognerà valutare gli effetti della tassa. Come esattamente? «Dovremo stabilire dei criteri in modo da ottenere una valutazione oggettiva. Sarà un lavoro difficile, da condividere con uno specialista in materia. Sarebbe inoltre opportuno fare ricorso a un mandato esterno, cosicché non sia il Cantone o gli oppositori alla tassa a valutarne gli effetti». Se, ad esempio, «non nasceranno altre grandi superfici adibite a posteggi», ciò potrebbe già essere un indicatore positivo per una tassa che mira a incentivare l’uso dei mezzi pubblici, portando anche benefici all’ambiente.
C’è poi chi, come l’Udc, chiede di rinunciare alla tassa. L'Esecutivo è di diverso parere. Si può ora dire che entrerà in vigore con assoluta certezza? In realtà un’eventuale abolizione «non è di competenza del Consiglio di Stato – sottolinea Zali –, ma semmai del legislativo, che l’aveva approvata». In ogni caso, un’eventuale rinuncia sarà discussa «dopo il periodo di prova».
Lui, il governo, tira dritto dunque. Nessuna retromarcia. «Del resto mi meraviglierebbe se il governo abolisse o perlomeno riducesse una tassa, visto che da tempo non lo fa: siamo quindi nella normalità...», rileva il capogruppo democentrista in Gran Consiglio Sergio Morisoli. Sua l’iniziativa parlamentare, depositata in aprile e sottoscritta da altri deputati dell’Udc, che chiede appunto la soppressione del balzello sui posteggi. «Mi pare comunque che quella certezza granitica che il Consiglio di Stato aveva sino a qualche anno fa sulla bontà, sull’efficacia di questa tassa cominci a vacillare, perché almeno un mezzo passo indietro c’è stato: il rinvio della messa in vigore e la non retroattività. Mi auguro che questo mezzo passo indietro sia un mezzo passo verso l’abolizione della tassa. Di sicuro – aggiunge Morisoli – le cose non stanno andando come il governo pensava: peraltro non si può pretendere di diminuire le colonne di veicoli, di ridurre l’inquinamento e di portare i ticinesi sui mezzi pubblici semplicemente introducendo una tassa». Il balzello in questione «è soltanto una misura per incassare soldi». Come risolvere allora il problema delle code e degli intasamenti sulle strade ticinesi? «Secondo me la prima cosa da fare è un piano dei trasporti pubblici per gli agglomerati, affinché a chi abita a due, tre chilometri dal centro non venga voglia di spostarsi con la propria auto, poiché può contare su un trasporto pubblico efficiente e dunque realmente attrattivo: occorre portare sui mezzi pubblici soprattutto coloro che risiedono negli agglomerati. È ciò che si fa nelle principali città della Svizzera, ma non ancora in Ticino».
L’avvocato Gianluca Padlina, estensore di alcuni dei ricorsi bocciati dal Tf, si dice «deluso» dalla posizione del Consiglio di Stato. «Deluso ma non sorpreso, purtroppo nulla di nuovo sotto il sole – sostiene Padlina –. La stragrande maggioranza delle aziende assoggettate alla tassa di collegamento ha già proceduto ai prelievi presso i loro dipendenti, cosa che ha fatto quando erano pendenti le procedure ricorsuali. Se poi qualcuno vuole venire a raccontarci che la tassa ha avuto un impatto sul traffico privato riducendolo, può farlo, ma credo che nessuno gli crederà. Insomma, sembra che il governo faccia finta di non vedere una realtà che è sotto gli occhi di tutti».
Afferma il capogruppo dei Verdi Nicola Schoenenberger, precisando di esprimersi a titolo personale: «Se ci basiamo unicamente sul comunicato stampa del Consiglio di Stato, da quest’ultimo mi sarei aspettato maggiore concretezza sulla data di entrata in vigore della misura. Noi Verdi abbiamo sostenuto, voluto la tassa di collegamento per far fronte agli intasamenti sulle strade e contrastare l’inquinamento. Ora, scrivere che entrerà in vigore non prima del 2022, è un po’ vago. Cosa significa? Che scatterà nel 2030? Mi sarei atteso la sua introduzione almeno nella seconda metà del prossimo anno, peraltro le ditte sono già preparate. Così come mi sarei atteso, a proposito del fatto che il tributo non avrà effetto retroattivo, che il governo nel comunicato invitasse le aziende, e sono tante, a rimborsare ai dipendenti il corrispettivo della tassa di collegamento che hanno dovuto nel frattempo pagare».