Un sospiro di sollievo, alla lettura di un verdetto recapitato da un’aquila, planata sulla Svizzera con una sanzione dolce e generosa
Un sospiro di sollievo, alla lettura di un verdetto recapitato non dal canonico piccione latore di messaggi, bensì da un’aquila, planata sulla Svizzera con una sanzione dolce e generosa, non con la temuta stangata che avrebbe privato la Nazionale di tre pedine fondamentali quali sono Xhaka, Shaqiri e Lichtsteiner.
Niente squalifica, quindi, bensì solo una multa, con ammonimento. Non si poteva esimere da una sanzione, la Fifa, ma il men che si possa dire è che non ha infierito nei confronti dei tre protagonisti della discussa esultanza contro la Serbia. Non sono stati dunque ravvisati gli estremi della condotta provocatoria. Non è una carezza, ma aver ridotto l’accaduto a una questione di fair play è uno sconto degno dei saldi. Così è deciso, la Corte ha deliberato, ma resta l’impressione che se la siano cavata a buonissimo prezzo. Se non è un’assoluzione con formula piena, poco ci manca.
Hanno quindi prevalso le motivazioni addotte dalla federazione svizzera, che ha puntato sulle provocazioni ricevute per giustificare la reazione avvenuta in campo, da ricondurre alle pulsioni irrazionali scatenate da un incontro ad altissimi contenuti emotivi. Che dall’Asf non siano trapelate che poche parole di circostanza la dice lunga sul fastidio arrecato dalla vicenda. Uff, è andata bene, non parliamone più, si saranno detti.
L’alone resta, ma la macchia sull’immagine della Nazionale è meno marcata, benché impossibile da cancellare con una multa pecuniaria. Ad archiviare il fattaccio di Kaliningrad – così continuiamo a considerarlo – può però contribuire il ritorno al calcio giocato, al campo, che è giusto che riprenda possesso del suo ruolo di giudice unico.
Petkovic per la partita che deciderà le sorti rossocrociate può contare anche su tre dei suoi uomini più rappresentativi e forti: il capitano, veterano di mille battaglie e leader naturale del gruppo, il cervello della squadra e l’elemento che, come dimostrato contro la Serbia, quando ispirato può rovesciare da solo le sorti di una partita. Quale opportunità migliore di un incontro denso di significati in quanto decisivo, per riportare il pallone al centro dell’attenzione e uscire definitivamente dal pantano in cui la Svizzera si era cacciata? Ben venga la Costa Rica, valvola di sfogo per sentimenti di rivalsa. Per lasciarsi alle spalle una polemica innescata da un comportamento sopra le righe che la Fifa ha declassato a semplice mancanza di sportività.
Scavando tra le possibili ripercussioni della decisione dell’istanza presieduta da Gianni Infantino, troviamo il fronte comune dei giocatori rossocrociati, il cui sostegno ai compagni è sempre stato totale. La Svizzera ne esce rafforzata nello spirito di un gruppo che ha superato con successo le incomprensioni circa l’attaccamento alla maglia di taluni giocatori sollevate proprio da Stephan Lichtsteiner nel marzo del 2015. Le parole e i dubbi del capitano aprirono un dibattito extrasportivo la cui eco si trascinò fino al ritiro pre-Europei di Francia a Lugano, dove Petkovic lavorò per ricucire lo strappo noto come “Balkangraben”. L’operazione riuscì, ma solo in parte. Il cerchio si è chiuso nei mesi successivi, grazie a un cammino verso la Russia in cui hanno imperato unità d’intenti e solidarietà. Prova ne sia la reazione ai recenti fatti, compatta e solidale, testimoniata in primis proprio dalla vicinanza dimostrata dallo stesso Lichtsteiner ai due compagni, difesi pubblicamente.
Incombe la Costa Rica, rivale che troverà una Svizzera sollevata, decisa a vincere in primis per i compagni finiti sul banco degli imputati. Per ribadire che questa Svizzera è più unita che mai, più forte di errori e avversità.