Alla manifestazione contro il rialzo dei premi cassa malati ho partecipato, pur non riconoscendomi totalmente con gli schieramenti. Quelli di mio riferimento, con altri, non s’espongono: “Alla piazza preferiamo il lavoro concreto” disse un politico anni or sono: i risultati li vediamo! De Andrè cantava “lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Talvolta mi chiedono cosa ha fatto la mia generazione nel ’68 per cambiare molte cose. Ci ribellammo attivamente rispondo. A scuola, sul lavoro, a casa e soprattutto nelle piazze. Furono gli anni del noi non dell’io come purtroppo accade oggi. In quegli anni Musk e Zuckerberg forse non avrebbero avuto mercato perché ci saremmo posti il quesito se l’uso dei social non li avesse arricchiti alle nostre spalle e non di come mi devo mostrare al mondo. Il filosofo Galimberti nel libro “L’ospite inquietante” analizza il nichilismo nelle nuove generazioni a cui consegue anche il disinteresse di fronte a questioni essenziali, della serie “a post mi a post tüch”. Come pretendere che chi può permettersi l’aumento o riceve un sussidio scenda in piazza il mercoledì alle 18. Concordo in larga parte con quanto è stato detto dai relatori però mi sfuggono le azioni concrete a breve termine. Es: quando manifestammo in massa a Berna per le Officine Ffs con l’appoggio della politica il risultato è lì da vedere: col sostegno e lavoro costante di chi ci credeva le Officine rimangono in Ticino. Mi chiedo se quella modalità sia oggi obsoleta per farci sentire uniti, politica e cittadini, soprattutto in risposta a coloro che in vece del 9% proposto dalle casse malati ha aggiunto un 1,5% a un Ticino messo sovente nell’angolo, e far presente e a casse malati e politica che amministrano soldi nostri non piovuti dal cielo.