Sulla discussione, finora mancata, intorno ai conflitti bellici in corso della Associazione delle scrittrici e degli scrittori svizzere/i ha parlato il presidente Couchepin. Egli ha espresso le prudenziali ragioni del ritardo: ha parlato da svizzero, forse anche da svizzero vallesano. Il perché di fondo è l’inghippo della nostra mentalità “neutrale” in campo politico-internazionale come la storia dimostra – ma qualcuno ha letto il Rapporto Bergier del 2002? Agli effetti della conoscenza delle relazioni geopolitiche il nostro Paese, cittadine/i e autorità, non eccelle, bene inteso: quando si osa togliere l’enfasi della retorica della tradizione umanitaria e diplomatica. Lo stesso atto contestatario di Pusterla ha creato inevitabile imbarazzo. Ma sarebbe curioso vedere in che modi è più o meno palpabile fra i mille iscritti dell’Associazione. Domanda: chi sono gli intellettuali? Scrivevo alla interlocutrice del Mendrisiotto che è intervenuta sul tema (laRegione, 18.4.2024): “Andrei affatto con i piedi di piombo. Ci sono stati e ci sono sapienti reazionari e amici del potere, comunque tranquilli nel loro spazio individuale. Io fino a vent’anni fa mi chiedevo il perché del silenzio. Poi ho capito meglio che è decisamente necessario sapere chi sono e cosa pensano più esattamente. Nell’era degli specialismi sempre più chiusi in sé stessi e della ipercomplessità delle interdipendenze, è bene analizzare con attenzione massima il senso del ‘bene’ che investe spazi molto larghi di società. Nell’ambito provinciale ticinese vige ancora l’idea che intellettuali sono quei letterati che hanno studiato le letterature, come se fossimo ancora ai tempi di Francesco Chiesa”.