L’articolo di Giona Mattei del 19 aprile, “Guerra in Ucraina, guerra in Palestina”, mi ha riappacificato con la linea editoriale de La Regione dopo che un pezzo del 18 aprile di Arnaldo Alberti mi aveva fatto accartocciare la faccia in un’espressione di orrore per frasi come “Rammentando Napoleone e Hitler, per un modesto attore comico tramutato da Biden in un accattone planetario di armi come Zelensky vincere è evidentemente una missione impossibile.”
Capisco il dibattito ma, francamente, non capisco la propaganda rossobruna. Penso che in periodi complicati, per usare un eufemismo, come questi noi cittadini delle democrazie liberali dovremmo tenere la barra ben dritta su concetti cardine per la nostra stessa libertà; concetti come autodifesa, ordine internazionale, imperialismo, crimini di guerra.
Dice benissimo Mattei riguardo l’Ucraina che argomenti farlocchi come l’espansione della Nato non giustificano l’imperialismo russo e dice benissimo riguardo Israele che “qualsiasi posizione che sostenga il diritto alla difesa armata di Israele, senza che contemporaneamente si esiga da Israele il riconoscimento dei diritti fondamentali dei palestinesi, dovrebbe essere giudicata come moralmente, legalmente e politicamente inaccettabile.” Da abbonato, vorrei che laRegione non fosse cassa di risonanza per visioni illiberali che non mettono l’esistenza delle persone al centro, in Ucraina come in Palestina. Pensando a Taiwan, un posto che conosco molto bene e che è minacciato da un vicino bullo, non vorrei che in un ipotetico futuro a medio/lungo termine (sto toccando tutto il toccabile) si dicesse su queste pagine che, vabbeh, in fondo se l’è cercata.
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Nel merito il punto di vista del signor Schenato è più che legittimo e pure condivisibile. Tuttavia confonde il ruolo de laRegione per quel che concerne la rubrica ‘Il dibattito’: l’ospitalità data a diversi contributi che esprimono, in maniera civile, pareri diversi e spesso in contrapposizione non implica in alcun modo un coinvolgimento della linea editoriale del giornale. Se nella pagina delle opinioni (esterne) pubblicassimo soltanto quei testi concordi con la nostra “linea", quale dibattito sarebbe? Forse quello che vige a Pechino o a Mosca, ma non quello auspicato in una democrazia liberale come la nostra.
Daniel Ritzer