Persone che denunciano i massacri nella striscia di Gaza, mentre rimangono in silenzio, per non dire giustificano, i crimini della Russia e di Hamas, come se la responsabilità ultima del male fosse sempre e comunque solo dell’Occidente. Altre che sostengono il diritto alla difesa dell’Ucraina e di Israele, mentre rimangono in silenzio, per non dire giustificano, i crimini di Israele, come se la vita di un non occidentale valesse di meno della vita di chi vive in una democrazia.
Ma come riuscire a pensare e trattare in maniera il più possibile giusta ed equa sia il conflitto russo-ucraino che quello israelo-palestinese, al di là delle ipocrisie e dei doppi standard morali, politici e legali coi quali ci troviamo confrontati?
L’Ucraina, a differenza della Palestina, è uno stato legittimo riconosciuto dalla comunità e dal diritto internazionale. La guerra di aggressione e invasione russa è del tutto ingiustificata, sia dal punto di vista morale che legale. L’Ucraina, a differenza di Hamas con Israele, non ha mai aggredito la Russia né minacciato il suo diritto di esistenza. Ipotesi quali l’espansione della Nato e/o la guerra per procura americana come cause fondamentali del conflitto non sono solo difficilmente dimostrabili coi dati di fatto, ma negano il diritto all’autodeterminazione di un popolo e tendono in ultima istanza a giustificare l’imperialismo russo.
Il problema di fondo invece del conflitto israelo-palestinese, è che se da un lato Israele avrebbe il diritto di difendersi contro chi, come Hamas, attacca e minaccia il suo diritto di esistenza, dall’altro non ci potrà mai essere giustizia in Medio Oriente fino a quando ai palestinesi non sarà riconosciuto il diritto alla libertà, all’autonomia e all’autodeterminazione. Qualsiasi posizione che sostenga il diritto alla difesa armata di Israele, senza che contemporaneamente si esiga da Israele il riconoscimento dei diritti fondamentali dei palestinesi, dovrebbe essere giudicata come moralmente, legalmente e politicamente inaccettabile. D’altra parte, insostenibile è pure qualsiasi posizione che sostenga il diritto alla resistenza e all’autodeterminazione del popolo palestinese, senza che contemporaneamente si riconosca il diritto di Israele a vivere in pace e sicurezza.
Il dramma è che oggi rischiamo di assistere, sia nel conflitto russo-ucraino che nel conflitto israelo-palestinese, non all’affermazione di principi minimi di giustizia, ma alla vittoria dei diritti del più forte.
Sia la Russia di Putin che Hamas che l’attuale governo israeliano negano ai loro popoli avversari il diritto all’autodeterminazione, con la differenza che Israele ha da sempre nei confronti dei palestinesi una superiorità bellica e militare, fattore che nell’attuale conflitto russo-ucraino è invece più incerto e instabile.
Sia la Russia che Israele stanno conducendo da tempo guerre di occupazione e annessione dei territori ucraini da un lato e dei territori palestinesi dall’altro. La Russia dal 2014 con la Crimea e il Donbass, e dal 2022 con il tentativo di invasione su grande scala dell’Ucraina. Israele con le sue varie guerre di espansione dal 1948 fino all’odierna distruzione di Gaza e la continua e progressiva occupazione della Cisgiordania.
Sia la Russia di Putin che Hamas che l’attuale governo israeliano usano la violenza per imporre le loro volontà al popolo avversario, massacrando la popolazione civile. La Russia con il suo tentativo di distruggere l’identità e la cultura ucraina, e quindi gli ucraini, Hamas con il suo progetto di eliminare Israele e gli ebrei, i governi israeliani con l’espulsione dei palestinesi dalle loro terre e la distruzione e punizione collettiva di un popolo.
Entrambe le guerre rischiano di terminare, grazie alla vittoria delle ragioni della forza sulle ragioni del diritto e della giustizia, con l’ulteriore espansione e controllo territoriale dell’Ucraina da parte della Russia e della Palestina da parte di Israele. E visto che pare sempre più difficile che i due conflitti terminino con una “pace giusta”, si potrebbe perlomeno provare a non essere troppo ipocriti e di non usare doppi standard morali, politici e legali, denunciando i crimini di guerra di tutte le parti coinvolte, e ribadendo con forza e senza discriminazione i principi di libertà e autodeterminazione di tutti i popoli aggrediti e oppressi.