Nella prima metà degli anni Trenta del secolo scorso, nel kibbutz “Segera” presso Gerusalemme, due coloni ebrei, David e Shlomo, si trovano a discutere sul futuro del movimento sionista (che rivendica una patria ebraica in Palestina). È questo il periodo in cui il dilagare di rigurgiti antiebraici (o antigiudaici, ma non antisemiti, termine usato e abusato a sproposito in questo contesto) e del nazifascismo in Europa provoca una crescita esponenziale dell’immigrazione ebraica in Palestina che, a sua volta, innesca sentimenti di inquietudine e insofferenza fra la popolazione arabo-palestinese locale. Il sionismo si vede confrontato con scelte cruciali per il suo futuro. Secondo il colono David “a questo mondo solo la violenza genera rispetto” e intende armare e organizzare militarmente i sionisti mentre Shlomo, che è venuto nella Terra del Libro per vivere in pace secondo la tradizione ebraica, lo ammonisce che “a provocare gli Arabi non si avrà mai la pace”. Sarà la tesi di David a prevalere. Nascono le prime milizie armate segrete sioniste. La Terra Santa (Palestina), terra di pace e armoniosa convivenza fra stirpi e religioni diverse (Arabi, Ebrei, Cristiani, Drusi…), si avvita in un crescendo di violenze, sopraffazioni, massacri, saccheggi, stupri… Nel 1948 David (all’anagrafe David Ben Gurion) proclama la nascita dello Stato di Israele sul 78% di terra palestinese, solo in minima parte acquisito legalmente, mentre 750’000 Palestinesi, spogliati di ogni loro bene, sradicati ed esiliati dalla loro terra natale, trovano rifugio in improvvisati campi profughi. Nel 1967 (guerra dei 6 giorni) Israele occupa militarmente anche il rimanente 22% di Palestina (Cisgiordania occupata e Gaza), il numero di profughi palestinesi sale a 1,5 milioni (i ¾ degli abitanti di Gaza sono profughi o discendenti di profughi!) e, mentre siamo ormai entrati nel terzo millennio, il monito di Shlomo rimane più valido e attuale che mai.
“Un problema non può essere risolto con gli stessi mezzi che lo hanno provocato” (antica saggezza cinese).
“Riuscire a controllare le proprie pulsioni più profonde è compito ben più arduo che conquistare il mondo intero con le armi” (Mahatma Gandhi).