In merito alle interessanti parole dello storico israeliano (laRegione del 27.2.24) vorrei soffermarmi sulla sua propensione per la soluzione basata su uno Stato federale unico. Egli spiega di preferire questo alla proposta di due Stati separati, che ritiene irrealistica, in quanto Israele non accetterebbe mai Gerusalemme Est come capitale dello Stato palestinese e perché nessuna forza politica riuscirebbe a far evacuare i coloni dai territori occupati. Nello stesso tempo Sand critica il fatto che negli accordi di Oslo Rabin non fosse disposto allo smantellamento degli insediamenti e a fare altre concessioni territoriali, vanificando con ciò la possibilità di un’intesa con i Palestinesi. Dicendo questo, Sand ammette implicitamente che le colonie sono uno dei punti dolenti della questione. Ora, sia gli insediamenti che il muro di separazione sono ritenuti illegali dal diritto internazionale, ragione per cui qualsiasi piano di pace dovrebbe contemplare almeno l’eliminazione di queste situazioni illegali, il cui mantenimento renderebbe impossibile ai Palestinesi una vita libera su un piano di eguaglianza anche in uno Stato unico: i coloni potrebbero rimanere tranquillamente dove sono, vedendosi inoltre riconosciuta la cittadinanza del nuovo Stato?! Mi pare chiaro che, data la palese situazione d’ingiustizia dello status quo, la soluzione implichi per forza di cose delle rinunce da parte israeliana, per dure che queste possano sembrare. Sand sembra invece sostenere che ciò che non piace a Israele debba essere escluso in partenza dalle trattative di pace, una posizione perlomeno discutibile.