laR+ I dibattiti

Una questione di libertà

(Ti-Press)

L’orologio della politica sembra misurare solo i secondi. Il risultato è spesso il tanto rumore per nulla, come dimostrano gli innumerevoli ritardi accumulati dalle riforme importanti. Le due cose, fissazione sull’istantaneo e scarsezza di veri risultati, sono legate: meno si pondera, meno si realizza.

Prendiamo il caso della giustizia ticinese, da anni al centro di controversie, lamentele, ritardi, promesse, difficoltà e, ultimamente, anche di peggio, almeno per una parte di essa, quella penale. Ci sono, sicuramente molte, anzi troppe, cose che non funzionano. Chi ha il compito e la responsabilità di intervenire per chiarire comportamenti individuali faccia, celermente, un passo avanti. Nel rispetto delle regole e delle persone, ma decidendo.

La politica non deve invece giudicare il singolo caso. Il suo ruolo è ancora più complesso perché deve valutare la bontà di regole e strutture da lei stessa definite. Deve farlo anche autocriticamente e fondandosi su dati e fatti, non voci o impressioni. Spesso infatti, il problema non risiede solo nei singoli eventi, ma nelle condizioni che li hanno resi possibili. Comprendere le cause profonde, attraverso un’analisi razionale e non affrettata, è la chiave per risolvere le questioni complesse della giustizia ticinese. Il che non significa affatto non vedere le responsabilità dei singoli, se e quando beninteso ci sono, ma non limitarsi a esse. Vedere la foresta, non solo l’albero.

In politica, e specie quando ci si occupa della giustizia, è essenziale il senso della misura. Non tutto merita o consente una risposta immediata. Senza equilibrio tra reazione e riflessione, il dibattito democratico scade a lotta tra tifoserie. Questo non riguarda solo i politici, ma ognuno di noi. La libertà personale soffre lo stato di agitazione permanente che ci circonda. Resistere all’impulsività è la libertà di non farsi dettare l’agenda dagli altri.