Rossello, ex presidente Atg: ‘Verdetto da salutare con soddisfazione e che potrebbe dissipare qualche infondata paura sul principio della pubblicità’
«La categoria dei giornalisti, ma più in generale l’opinione pubblica, non possono che salutare con soddisfazione il verdetto del giudice Ares Bernasconi che consente ai colleghi de ‘laRegione’, che ne hanno fatto richiesta, di consultare la sentenza del maggio scorso con cui lo stesso magistrato ha deciso di togliere i sigilli sulla documentazione fornita dalla Polizia cantonale in merito all’operazione del maggio 2021 all’ex Macello di Lugano». Per Ruben Rossello, già presidente dell’Atg, l’Associazione ticinese dei giornalisti, la portata dell’accoglimento, da parte del giudice dei provvedimenti coercitivi (gpc) Ares Bernasconi, dell’istanza presentata da ‘laRegione’ – volta a ottenere una copia anonimizzata della sua decisione di levare i sigilli dalle carte sulla controversa demolizione dell’ex Macello – è positiva: «Forse servirà a costruire un nuova cultura e a dissipare qualche infondata paura». E spiega: «Spesso il principio della pubblicità intimorisce ancora le autorità a diversi livelli. Ne sa qualcosa chi cerca di far applicare la Legge sulla trasparenza e l’informazione dello Stato, in vigore ormai dal 2013 in Ticino».
Come riportato nell’edizione di ieri, eventuali ricorsi permettendo, ‘laRegione’ riceverà dunque una copia anonimizzata della decisione di dissigillamento (e dei relativi motivi), della quale il nostro giornale ha fatto richiesta immediatamente dopo la sua emanazione, il 10 maggio. Decisione nella quale il gpc, dando seguito all’istanza del procuratore generale Andrea Pagani, ha disposto appunto la levata dei sigilli dalla documentazione sull’operazione delle forze dell’ordine che, nella notte tra il 29 e il 30 maggio 2021, sfociò nella parziale demolizione dell’edificio, sede simbolo degli autogestiti.
La soddisfazione, rileva Rossello, si giustifica «perché, fatta salva la legittima richiesta dell’anonimizzazione, e quindi che nessuno dei partecipanti all’operazione sia riconoscibile nemmeno per la funzione svolta, la sentenza conferma come le decisioni dell’autorità debbano essere improntate al principio di pubblicità e trasparenza». Non solo. «Questo vale – prosegue – anche per la documentazione prodotta sull’attività degli organi dello Stato, che deve essere consultabile liberamente». E rimarca: «Per il giornalismo e per la democrazia si tratta di principi cardine, che garantiscono la funzione di controllo sugli organi dello Stato. Solo così si può evitare, mai dovesse capitare, l’arbitrio». Concetti, stando a Rossello, «che per i giornalisti hanno una lunga storia e alcuni momenti topici: a partire dal caso dei Pentagon Papers, ovvero i documenti segreti del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti sulle strategie americane in Vietnam, che il ‘New York Times’ e il ‘Washington Post’ decisero di pubblicare nel 1971 non appena ne furono in possesso». Tornando alla decisione ticinese, osserva l’ex presidente dell’Atg, «appare lineare e serena, presa soppesando ogni possibile altro legittimo interesse che contrastasse il principio della trasparenza e solo dopo aver constatato che “sia il Consiglio di Stato sia la Polizia cantonale non motivano né sostanziano specificatamente ove sarebbe necessaria un’anonimizzazione accresciuta”».
«È una sentenza – annota a sua volta l’avvocato Luca Allidi, membro del Consiglio svizzero della stampa e consulente legale de ‘laRegione’ – che afferma e sottolinea principi e libertà fondamentali del nostro ordinamento giuridico, come il principio della pubblicità della giustizia e la libertà dell’informazione. Principi sanciti dalla nostra Costituzione, dalla Cedu, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e sistematicamente ribaditi dalla giurisprudenza del Tribunale federale». Una sentenza, quella emessa dal giudice dei provvedimenti coercitivi Bernasconi, aggiunge Allidi, che «ci ricorda che il cittadino, per il tramite degli organi di stampa, ai quali spetta la funzione di controllo democratico dell’attività dello Stato, ha il sacrosanto diritto di sapere se la giustizia funziona correttamente. Se la legge è davvero uguale per tutti. Ci ricorda che la trasparenza rafforza la fiducia del cittadino nella giustizia. Ci ricorda che la pubblicità della giustizia e la libertà dell’informazione devono essere la regola, mentre la segretezza e le restrizioni devono rimanere l’eccezione. Un’eccezione che, beninteso, deve sempre esistere, in presenza però di validi e giustificati motivi, quali ad esempio la tutela della sfera privata, nel caso in cui la stessa non possa essere altrimenti garantita». Conclude Allidi: «È una sentenza che, a ben guardare, a un giurista e cittadino di uno Stato di diritto e democratico non dice nulla di nuovo. E che invece – di questi tempi e chissà perché – gli è di grande conforto».