I dibattiti

Il plusvalore conoscitivo dell’Usi

(Ti-Press)

Che cosa fa l’Università della Svizzera italiana? Chi regolarmente la frequenta per studiare o per lavorare – insegnando, facendo ricerca o garantendo il funzionamento di un’organizzazione sempre più complessa – inevitabilmente tende a dare per scontate cose che all’esterno potrebbero invece essere poco chiare. Voglio quindi approfittare del passaggio in un commento pubblicato ieri da questo giornale – ‘Tre problemi, una soluzione’ di Ronny Bianchi – per raccontare brevemente che cosa fa l’Usi, rispondendo così all’accusa di aver “generato poco o nessun plusvalore conoscitivo” mossa in quel testo a proposito della cosiddetta fuga di cervelli che vede molti e molte giovani che, conclusi gli studi, iniziano la propria carriera lavorativa fuori cantone. Non si tratta tuttavia di un semplice diritto di replica: è importante che la cittadinanza sia consapevole dell’operato di una istituzione che sostiene e finanzia, tramite un contratto di prestazione tra l’ateneo e il Cantone. Quel contratto è un segno di fiducia al quale si deve rispondere innanzitutto con la trasparenza su come quei fondi vengono impiegati a beneficio della comunità.

Per questi motivi vorrei evitare i freddi toni di un rendiconto; qualche numero è tuttavia necessario fornirlo, iniziando dalla formazione. L’Usi offre una cinquantina di programmi, tra Bachelor, Master e dottorati, ed è oggi la prima scelta per gli studenti e le studentesse ticinesi che concludono gli studi liceali. Il tasso di occupazione un anno dopo la laurea, rilevato da indagini del Servizio Carriere e Alumni, è del 96%, in linea con quello degli altri atenei svizzeri. Nelle scorse settimane abbiamo appreso che tutti e 47 gli studenti e le studentesse che hanno concluso la prima edizione del nostro Master in Medicina hanno superato con successo l’esame federale che abilita alla professione medica. Se chi conclude gli studi universitari sceglie di lavorare fuori cantone non è evidentemente per un problema di qualità dell’insegnamento, anzi: una persona che si laurea all’Usi e trova lavoro fuori dal Ticino, o decide di creare la propria startup in altre regioni che presentano maggiori opportunità, mostra proprio la qualità della formazione offerta dalla nostra università. Se vogliamo affrontare il problema della fuga di cervelli, occorre lavorare insieme partendo dai fatti: lanciare sterili accuse non aiuta.

Per quanto riguarda la ricerca, l’Usi è un ateneo estremamente attivo con 200 progetti di ricerca in corso e oltre 26 milioni di finanziamenti competitivi ottenuti nel 2022; l’Usi ha inoltre ottenuto complessivamente 26 Erc, i prestigiosi grants del Consiglio europeo della ricerca dal quale la Svizzera è purtroppo adesso esclusa. La qualità della ricerca condotta all’Usi è confermata dalle graduatorie internazionali: nel recente QS World University Rankings Europe risultiamo, in Svizzera, al terzo posto dietro ai politecnici federali di Losanna e di Zurigo per numero di citazioni per ogni articolo pubblicato; si tratta, credo sia giusto precisarlo per i non addetti ai lavori, di un valore riconosciuto come indicatore dell’impatto e della qualità della ricerca prodotta da una istituzione: più volte una ricerca viene citata in altri lavori accademici, più questa è da considerare rilevante.

Molto importante, nell’ottica del “plusvalore conoscitivo”, il trasferimento del sapere. Nel 2021 sono stati firmati 40 contratti di ricerca con terzi e depositate 8 domande di brevetto; l’Usi Startup Centre ha raccolto, nel 2022, fondi per 2,4 milioni di franchi. Vi sono poi gli eventi pubblici che si svolgono sui vari campus e le attività de L’ideatorio, il servizio di promozione della cultura scientifica e del dialogo scienza e società, senza dimenticare le molte collaborazioni con le realtà del territorio. Su quest’ultimo punto credo sia giusto ricordare, visto che erano stati oggetto di critiche nel commento pubblicato ieri su questo giornale, i servizi all’economia e alle istituzioni pubbliche e private forniti dall’Istituto di ricerche economiche (Ire): è un peccato che Ronny Bianchi ignori i numerosi progetti realizzati in questi anni e le analisi dedicate al turismo, alle dinamiche economiche, all’evoluzione urbana, alle finanze pubbliche, all’energia e alla sostenibilità. Concluderei proprio sul tema cruciale dello sviluppo sostenibile, per ricordare l’importanza di un altro progetto dell’Usi che avrà un impatto sul territorio: mi riferisco alla Casa della sostenibilità ad Airolo che aprirà i battenti tra qualche mese.

Io sono entrata in carica come rettrice lo scorso luglio: di questi importanti contributi al territorio devo ringraziare chi mi ha preceduto e tutta la comunità accademica per aver reso l’Usi una delle forze che sta creando nuove vie per il futuro del Ticino, aprendo opportunità in settori chiave come intelligenza artificiale, data science, biomedicina e tecnologie medicali. Non voglio dare l’impressione che tutto sia perfetto: ci sono margini di miglioramento ed è nostro compito, in quanto destinatari di finanziamenti pubblici, interrogarci sempre su dove e come migliorare, oltretutto in un contesto in rapido cambiamento. È un esercizio che l’Usi sta svolgendo proprio in questo periodo per la sua pianificazione ’25-28 per cogliere le migliori opportunità anche a favore del tessuto economico locale e della competitività regionale.