l'altra economia

Tra debito pubblico e utopie

(Ti-Press)
29 settembre 2023
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In Ticino abbiamo dei politici che si distinguono per la loro assoluta fermezza nel difendere il loro credo economico. Da una quarantina d’anni sostengono che bisogna ridurre le aliquote fiscali, diminuire il debito pubblico e la spesa dello Stato. Questo approccio è basato sull’ideologia neoliberista ispirata da Milton Friedman. Confesso che anch’io puntualmente insisto nel dire che questo modo di interpretare la politica economica di un Paese è sostanzialmente sbagliato, con successi decisamente insignificanti. Ma ora che la critica arriva nientemeno che dal Fondo monetario internazionale (Fmi) intravvedo una debole luce.

Già alcuni anni fa l’Fmi aveva fatto ammenda dichiarando che le riforme imposte ai Paesi che chiedevano il supporto dell’istituzione si erano rivelate inefficaci. Ora (World economic outlook, primavera 2023) alcuni ricercatori hanno evidenziato come i Paesi che hanno adottato politiche impostate al rigore di bilancio, hanno ottenuto risultati peggiori rispetto a coloro che invece hanno incrementato la spesa pubblica e questo sia in termini di crescita del Pil che di riduzione del debito. Per dirla in modo chiaro: gli economisti dell’Fmi affermano che tagliare la spesa pubblica non riduce il debito. Una virata a 360 gradi.

D’altronde non è certo una novità: John Maynard Keynes lo aveva già chiaramente spiegato negli anni 30 del secolo scorso, ma le sue idee sono state marginalizzate a partire degli anni 80 e anche nel nostro cantone ha trovato molti detrattori. Il ragionamento di Keynes è facilmente comprensibile: se aumento la spesa pubblica, aumento il reddito, il quale fa aumentare le entrate fiscali dello Stato, entrate che possono poi essere utilizzate per ridurre il debito o per nuovi investimenti. Naturalmente questa politica non deve essere sconsiderata e soprattutto non implica che non si possa utilizzare anche la leva fiscale.

Detto questo, possiamo esaminare la situazione del nostro cantone. La paura che toglie il sonno ai neoliberisti nostrani è che il debito pubblico raggiunga i 3 miliardi di franchi. Ma 3 miliardi sono tanti o pochi? In realtà il debito pubblico cantonale rappresenta meno del 10% del Pil ticinese, quindi fate un po’ voi. Questo beninteso non significa che non si possa provare a correggere la situazione ma qui gli ostacoli sono alti come l’Everest. Molti tra coloro che hanno sostenuto il famigerato Decreto Morisoli, ora vorrebbero che lo stato aumentasse gli investimenti per aiutare le imprese ticinesi. La decisione di fine primavera del Consiglio di Stato di non finanziare la partecipazione all’Olma e la tappa del Tour de France ha scatenato reazioni da più parti. Credo che questa decisione sia, in parte, una provocazione ma anche un’anticipazione di quanto ci aspetta nei prossimi 2-3 anni. Ma come dice il proverbio popolare non è possibile avere la moglie ubriaca e la botte piena, quindi se volgiamo un pareggio di bilancio entro il 2025, dobbiamo smetterla di chiedere all’ente pubblico di “costruire rotonde” quando le cose vanno male. È però evidente che il taglio degli investimenti farà male, probabilmente molto male, ma questo è quanto il popolo ha votato e quindi il governo deve operare in questo senso.

Naturalmente i difensori del pareggio del bilancio pubblico sostengono che bisogna tagliare la spese (quindi il personale statale) e non gli investimenti, secondo il principio che a beneficiare “delle rotonde” siano le imprese, mentre a pagare il conto sono tutti gli altri. Ma anche questo ragionamento è irrazionale, perché se taglio la massa salariale ridurrò anche le entrate fiscali (a meno che gli imprenditori siano disposti a compensare con maggiori tasse sui profitti o lo Stato a contrastare l’economia sommersa che è stimata in circa il 10% del Pil). In realtà l’idea di razionalizzare e riorganizzare lo Stato è un’idea vecchiotta che risale al famoso ritiro al lago d’Orta nel 1991 e che ipotizzava una profonda riforma della pubblica amministrazione, ma che ha partorito un topolino piccolo-piccolo, perché quando bisogna passare alla cassa è sempre meglio che lo facciano gli altri.

Il problema di fondo di questo cantone è invece ben più grave: non sappiamo creare valore aggiunto, e se non creiamo valore aggiunto tutto il resto non può funzionare. Ma per creare valore aggiunto bisognerebbe che privati e Stato si unissero per investire concretamente e con decisione nei settori che sono in grado di generare un elevato valore per addetto. La realtà invece è che non si fa nulla di tutto questo, mentre si continua a operare con l’obiettivo di non scontentare nessuno. Continuando di questo passo è impossibile uscirne, nonostante decreti e decretini.

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