Fabio Regazzi, consigliere nazionale, richiama il Consiglio federale sui ritardi, ‘inaccettabili’, dei servizi preposti a preavvisare il progetto
La storia dell’aggiornamento dell’aeroporto cantonale di Locarno parte dal lontano 1969. Poi per vent’anni non se ne fece nulla. Solo con il primo Piano direttore cantonale del 1990 il Consiglio di Stato ipotizzò l’idea di una nuova pista di 1’300 metri. La nuova sensibilità ambientale spinse tuttavia il Governo a optare nel 1999 per un intervento "minimalista", limitato all’allungamento della pista principale da 800 metri a poco meno di 1’000 metri.
Questa accondiscendenza cantonale fu colta da parte dei contrari al progetto non come intelligente gesto di mediazione verso le loro esigenze, ma come segno di debolezza. Per 15 anni alcuni servizi del Cantone e della Confederazione, sostenuti dalle associazioni ambientaliste (per altro ben rappresentate in questi gremi), hanno posto una serie di ostacoli al punto da imporre alla politica una decisione di principio. Nell’estate 2014. Doris Leuthard e Claudio Zali posero fine a questa situazione di stallo portando il Consiglio federale a decidere, il 17 dicembre dello stesso anno, che il "miniallugamento" si doveva concretizzare con la parallela adozione di limitazioni al sorvolo degli aerei civili sulle Bolle e alla diminuzione del 20% del potenziale dei voli. Storia a lieto fine, quindi? Niente di tutto ciò poiché la Commissione federale natura e paesaggio (CFNP) si è nuovamente messa di traverso, e questo nonostante autorevoli esperti come il professor Fornasari, la Stazione ornitologica di Sempach e il BTEE di Ginevra avessero a più riprese confermato la bontà del progetto cantonale, che prevedeva appunto misure a tutela dell’avifauna migratrice. Limitazioni ai sorvoli delle Bolle di Magadino che fra l’altro, è interessante rilevare, non sono ancora entrate in vigore a causa del ritardo dell’approvazione del progetto di "miniallungamento".
Solo grazie a ben mie tre (!) Interpellanze presentate al Consiglio federale sappiamo che a quasi tre anni dall’inizio della procedura di approvazione federale il Dipartimento di Simonetta Sommaruga è nell’impasse, ostaggio di una commissione che continua imperterrita a menare il can per l’aia.
Un ritardo inaccettabile, ma che è anche emblematico del ruolo e del potere che le associazioni ambientaliste riescono a esercitare su alcuni servizi dell’amministrazione sia cantonale che federale, le quali, a loro volta, sfruttano questi gremi che operano in una zona grigia e sulla cui legittimazione e utilità si potrebbe disquisire a lungo. Fatto sta che a mia precisa domanda, la Direttrice del DATEC non è in grado (o non vuole) intervenire per finalmente sbloccare la situazione. Se ne deve pertanto dedurre che i Piani settoriali della Confederazione, che rappresentano importanti strumenti strategici del Consiglio federale, sono vincolanti per le Autorità cantonali ma non per i servizi del Dipartimento federale, che confondono la loro funzione istituzionale con quella delle associazioni di categoria che hanno un legittimo e incontestato diritto a opporsi.
Per quanto mi riguarda non intendo certamente abbassare la guardia e sono pronto a ritornare alla carica affinché questo progetto possa venir finalmente realizzato nell’interesse di tutti, compresa l’avifauna delle Bolle di Magadino...