I dibattiti

Guerra in Ucraina, evitare le semplificazioni

Il capogruppo Ppd Maurizio Agustoni risponde al pezzo dello storico Andrea Ghiringhelli sull’invasione russa

Maurizio Agustoni
(Ti-Press)

Andrea Ghiringhelli – con il suo articolo pubblicato su laRegione del 29 marzo – mi ha sorpreso per almeno due motivi. Il primo motivo è il suo rifiuto di considerare la complessità della guerra tra Russia e Ucraina e la pretesa di applicare a quel conflitto una "semplificazione binaria". Ghiringhelli, alcuni anni fa, aveva scritto pagine dense ed erudite per sostenere che in alcune circostanze è lecito violare la legge dello Stato (allora si trattava di un’ex deputata condannata per aiuto all’entrata illegale di stranieri). La realtà è spesso più complessa del mondo ideale previsto dalle leggi, per cui possono esserci casi dove la disobbedienza è persino doverosa. Ora, se distinguere tra aggressori e aggrediti è semplice, ed è altrettanto semplice riconoscere agli aggrediti un diritto alla resistenza, non è così semplice concludere che bisogna rifornire di armi gli aggrediti (quali armi poi: contraerea, sistemi anticarro, carrarmati, aerei da combattimento, batterie di artiglieria?). Ed è ancora meno semplice concludere che bisogna intervenire militarmente a difesa degli aggrediti. Certo, nel mondo ideale è doveroso accorrere in difesa degli aggrediti, ma nel mondo ideale l’aggressore non ha un arsenale di 6’257 testate nucleari. Questo non significa consentire a un aggressore potente di fare il proprio comodo, ma implica di preferire strumenti di pressione che non portino diritti a un conflitto militare su scala europea o mondiale. Papa Francesco, citato anche da Ghiringhelli, ha del resto definito una "vergogna" e una "pazzia" pensare di risolvere il conflitto con una nuova corsa agli armamenti.

Il secondo motivo di sorpresa è la disinvoltura con cui viene invocato il parallelismo con Hitler. Un simile paragone, se assunto seriamente, impedirebbe di recuperare qualsiasi relazione con la Federazione russa, anche in caso di ricomposizione del conflitto con l’Ucraina. Anzi, obbligherebbe a sostenere un cambiamento di regime. Ghiringhelli, che è uno storico, sa che il processo di "normalizzazione" della Germania, dopo i 70 milioni di morti della Seconda guerra mondiale, è passato attraverso un’occupazione militare durata quattro anni, un processo internazionale nel quale sono stati condannati a morte i principali esponenti del regime tedesco e la separazione del popolo tedesco durante 45 anni. C’è qualcuno, sano di mente, disposto a imbarcarsi in una simile impresa con la Russia?

Insomma, posso capire che alcuni intellettuali subiscano il fascino delle grandi cause, un po’ come Lord Byron con la guerra di indipendenza greca o André Malraux con la guerra civile spagnola (che in quei conflitti, a differenza di molti interventisti odierni, misero a repentaglio la loro, di vita). Mi sembra però che il ruolo degli intellettuali, di questi tempi, sia soprattutto quello di prendere una certa "hauteur de vue" ed evitare letture della realtà semplicistiche e che attizzino la brace bellicosa che cova nei nostri peggiori reconditi. Concentriamo piuttosto le nostre migliori energie nel sostenere le popolazioni colpite dalla guerra e nel costruire le premesse per una pace duratura, evitando di sobillare rancori e fratture che potrebbero diventare inconciliabili.

Il signor Agustoni ha espresso il suo punto di vista, dotto e assolutamente rispettabile. Nel commento critico al mio articolo ‘Neneismo e resistenza’ ha peccato però di lettura affrettata, finendo per farmi dire cose che non ho mai detto. Riassumo:

1) Che la questione ucraina sia complessa e complicata lo so pure io. Ma mi infastidiscono parecchio coloro che invocano la complessità come alibi per non pronunciarsi e per non prendere posizione: né con Putin né con Zelensky perché il problema è complicato.

2) Sostengo che è eticamente deprecabile che non si abbia il coraggio di prendere posizione netta di fronte a una guerra che vede un aggressore e un aggredito.

3) Sostengo che non aiutare in tutti i modi il popolo ucraino a resistere all’aggressore significa consegnarlo al boia e allo stesso tempo tradire chi sta difendendo i valori su cui si regge il nostro sistema politico. Un segno di debolezza che ci potrebbe costare caro, ed è proprio la storia recente che ce lo insegna.

4) Ultimo appunto: io sono contro la guerra, contro ogni guerra, ma da quando l’essere umano è sulla faccia della terra la pace si regge su equilibri e rapporti di forza. Sono contro la guerra ma sono per dare ai popoli oppressi gli strumenti per resistere all’oppressione. Diceva Erri De Luca, un intellettuale al fronte, di essere pacifista da sempre ma ciò non significa non aiutare gli ucraini a resistere, anche con le armi. Ecco io la penso come lui, e non mi reputo per questo un guerrafondaio.

Andrea Ghiringhelli

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