In questo importante e delicato periodo il Covid-19 domina la scena mondiale mettendo alle corde quasi tutti i governi europei compresa la Cina stessa, che per affrontare l’emergenza coronavirus ha subito attuato misure drastiche.
Sì, in effetti le Borse asiatiche hanno subito un duro colpo, ma in primo luogo a risentirne è sempre e comunque l’economia dove il focolaio è localizzato e quindi quella regione cinese dello Huan che conta sessanta milioni di abitanti e dove i consumi di idrocarburi – nel Paese che inquina più di tutti e ha una forte domanda interna secondo le stime in area Opec – sono scesi del 31% e il Pil, quell’incoraggiante prodotto interno lordo, è sceso di ben 12 punti annunciando un disastro che si ripercuoterà su tutta l’economia cinese. Dalla politica interna è facile capire qual è il clima che si respira a Pechino e dintorni. In effetti il neocolonialismo cinese è una perfetta riproduzione delle politiche coloniali tanto dell’impero britannico, così come di quello tedesco e in ultima osservazione anche di quello italiano. La Cina è intenzionata comunque a esportare i suoi investimenti finanziari verso quei Paesi dove l’instabilità politica regna sovrana, basti pensare solo ed esclusivamente che in Angola sono emigrati per manodopera oltre 200’000 cinesi nel giro di quattro anni (non sono infetti), questo fa pensare a un’implementazione del capitale umano, seguita da una mole di investimenti da parte di Pechino pari a sessanta miliardi di dollari (fonte China-Africa Research Initiative). Per i Paesi africani, quest’afflusso di denaro è allo stesso tempo una fortuna e una trappola. Una fortuna perché possono ottenere migliori tassi d’interesse sfruttando la concorrenza internazionale, ma una trappola perché molti Paesi, proprio quando iniziano ad emergere, rischiano un sovraindebitamento. Indubbiamente Pechino ha iniziato ad avanzare le sue pedine per accedere alle materie prime dei Paesi africani, di cui la Cina ha bisogno per sostenere la sua enorme crescita. Dietro prestiti a tassi molto bassi, si tratta né più né meno di favorire le esportazioni cinesi, di garantire l’approvvigionamento di materie prime e di assicurarsi, a lungo termine, tassi d’interesse redditizi e un controllo neocoloniale sui Governi debitori. “Volevamo un aiuto che ci aiutasse a fare a meno degli aiuti”. “L’aiuto non deve servire per spese di prestigio, ma per lo sviluppo”. Sarà compito degli africani e dei loro dirigenti vigilare e sfruttare il gioco della concorrenza per ottenere i migliori contratti, l’accesso alla tecnologia e la protezione dei loro beni pubblici, evitando per quanto possibile l’indebitamento, sinonimo di dipendenza.