Agustoni: declino demografico, occorre un cantone più accogliente. Ma va incoraggiata, innanzitutto, la natalità in Ticino
Il Cantone Ticino, da qualche anno, sta vivendo un preoccupante dissesto demografico. Nel 1981 c’erano 1.75 “giovani” (meno di 18 anni) per ogni persona “anziana” (più di 65 anni); dopo quarant’anni questo rapporto si è progressivamente invertito e ci sono ora 1.25 persone “anziane” per ogni “giovane”. Il tasso di natalità in Ticino è inferiore di circa il 33% rispetto al tasso di natalità svizzero. Nel 2019 in Ticino ci sono state 2'494 nascite, 98 in meno delle nascite nel Canton Soletta (2'592), che oltretutto ha 78'000 abitanti in meno del Canton Ticino. L’ex Consigliere di Stato Pietro Martinelli, in un lucidissimo intervento di qualche mese fa, ha evidenziato quattro elementi: (1) da 10 anni in Ticino ci sono più morti che nascite (e il divario tende ad allargarsi), (2) da 10 anni il saldo migratorio con gli altri Cantoni è negativo (e il divario tende ad allargarsi), (3) da 3 anni è pure fortemente diminuito il saldo migratorio con l’estero, che negli anni precedenti aveva “garantito” una crescita di popolazione annua di ca. 3'000 persone, (4) il declino demografico è più acuto nei residenti svizzeri rispetto ai residenti stranieri (con possibili conseguenze, certamente non la più grave, anche per il nostro numero di seggi in Consiglio nazionale). Le spiegazioni di questo quadro desolante sono probabilmente molteplici, ma di certo pesa un diffuso malessere socioeconomico che da anni caratterizza il nostro Cantone. Ivo Durisch, in un recente intervento su queste colonne, propugna una politica dell’ospitalità per aumentare la nostra attrattività nei confronti di persone interessate a trasferirsi in Ticino. Tra le misure proposte: ridurre il tempo di soggiorno minimo per poter beneficiare dell’aiuto sociale, evitare di espellere gli stranieri che cadono in assistenza, ridurre controlli e ispezioni nei confronti dei residenti stranieri. Mi sembra che queste misure – condivisibili o meno – partano dal presupposto che la demografia cantonale possa essere riequilibrata solo grazie alla “trasfusione” di persone dall’estero. Questo approccio non mi convince per almeno due motivi: (1) non possiamo pensare di risolvere il nostro deficit demografico incoraggiando la fuga di braccia e cervelli da altri Paesi, anche perché questo significa impoverire quegli stessi Paesi delle loro risorse umane; (2) non possiamo immaginare di lasciare “seccare” la natalità ticinese, perché condanneremmo alla dissoluzione anche la nostra cultura e la nostra memoria sociale. In questo senso, condivido certamente l’auspicio di Ivo Durisch a favore di un Ticino più accogliente, ospitale e bello, ma penso che questo risultato debba essere raggiunto innanzitutto per chi abita già in questo Cantone (svizzero o straniero che sia) e voglia continuare a viverci, lavorarci, investirci e crearci la sua famiglia. In quest’ottica, la strada del rilancio demografico passa anche dal rilancio economico del Cantone. Il Ticino, secondo l’indice della qualità della localizzazione (IQL) di Credit Suisse, arranca in 23esima posizione ed entro il 2025 è previsto un ulteriore peggioramento. Ben presto si delineeranno le prime tendenze, nazionali e internazionali, sulle conseguenze economiche della pandemia. Il Cantone Ticino deve al più presto sviluppare una strategia di rilancio economico, con misure coraggiose e ambiziose, in particolare a favore del ceto medio e delle piccole e medie imprese. Confido che già nel Preventivo2022 potremo trovare la volontà di realizzare le premesse per un Ticino più aperto alla creazione di futuro.