Quando una personalità politica si esprime su un quotidiano riguardo a un contesto che ritiene vada cambiato, chi legge ha il diritto di sapere quali siano le proposte e le misure che intende promuovere affinché la situazione migliori. “Il Cantone Ticino deve sviluppare una strategia di rilancio economico con misure coraggiose e ambiziose” afferma il Capogruppo pipidino Maurizio Agustoni. Un’affermazione che brilla con un’evidenza che nemmeno monsieur de la Palice riuscirebbe a mitigare.
L’entusiasmo si smorza però con la stessa velocità dell’ovvietà che l’avvia poiché al lettore non è dato sapere quali siano le misure evocate né tantomeno dove risiedano l’ambizione e il coraggio che dovrebbero caratterizzarle. L’opinione di Agustoni poggia sul declino demografico del Cantone. Il dato di fatto è incontestabile. Opinabile è invece il procedimento con cui si spende per criticare le proposte del suo omologo socialista Ivo Durisch – il quale preconizza un Ticino più aperto e attraente per l’estero – senza formulare una sola proposta. Sul saldo migratorio sarebbe utile evidenziare che le pratiche volute da Norman Gobbi per “ragioni politiche” a cui sono sottoposte delle persone con permesso di soggiorno, anche imprenditori che investono sul territorio, sono state duramente criticate dal Tribunale federale. Benché la questione sia importante per affrontare i temi della sanità, della ricerca o dello sviluppo, a interessare il capogruppo pipidino sono le nascite e il saldo migratorio fra Cantoni. Le cause? Molteplici, ma che Agustoni individua in “un diffuso malessere socioeconomico”. Un generico eufemismo che se da un lato evita i soliti malumori, dall’altro indica l’approssimazione della diagnosi.
Eppure, le cause del malessere – il lavoro, i salari e le (pari) opportunità professionali – meriterebbero più chiarezza. Il Ticino è il fanalino di coda dei salari svizzeri, col salario mediano di oltre mille franchi inferiore alla media nazionale, mentre il tasso di rischio povertà è del doppio. Affitti e premi cassa malati pesano come macigni mentre i salari stagnano e le condizioni di lavoro sono peggiorate. Le ricette economiche fondate sullo “sgocciolamento della ricchezza” hanno fallito perché questo paradigma ideologico oltre a non funzionare fa che la ricchezza si concentri e parta nella finanza speculatrice o nei lidi dei paradisi fiscali.
Avere figli, fondare una famiglia e vivere nel Cantone necessitano la stabilità del lavoro e dei salari; la possibilità del risparmio e l’accesso al credito. Realtà e condizioni da cui sempre più residenti in Ticino sono esclusi perché confrontati con la precarizzazione del lavoro e a un contesto economico costruito sulla concorrenza al ribasso sui salari. Non per nulla ci sono sempre più giovani che cercano miglior fortuna oltre Gottardo e se hanno la possibilità di seguire una formazione altrove in Svizzera, ci rimangono. Sono contesti che offrono più possibilità, che danno più spazio al merito e che non precludono le opportunità a cognomi con una consonanza estera. Contesti in cui le strategie di rilancio socioeconomico sono state discusse e adottate da anni, in cui l’opinione pubblica esige dall’eletto alla funzione pubblica di formulare le sue proposte di rilancio economico, senza limitarsi a dire che una strategia s’ha da fare.