Avere a che fare ogni giorno con i giovani mi ha resa molto attenta al linguaggio che usiamo, quando parliamo di loro. Il nostro atteggiamento mi sembra paradossale: da un lato, cerchiamo di rendere la società sempre più accogliente per i (purtroppo sempre più rari) bambini. L’atteggiamento è però radicalmente diverso non appena quegli stessi bambini crescono. Succede così che le «Città amiche dei bambini», come dice uno dei nuovi label alla moda della nostra politica, siano allo stesso tempo «indifferenti agli adolescenti», o magari, addirittura, loro nemiche.
Per mia fortuna, il lavoro di docente mi regala ogni giorno un punto di vista diverso sulla vita delle ragazze e dei ragazzi di oggi. Sono persone del tutto normali, che sono però immerse in una quotidianità molto diversa da quella che ha conosciuto la mia generazione.
La loro vita, se evitiamo di giudicarla per luoghi comuni, ci appare spesso fatta di crisi della famiglia, invadenza dei modelli di vita proposti dai social media, fragilità emotiva, ansia per il futuro ambientale ed economico. Il tutto, in un mondo che con la pandemia ha portato un giro di boa obbligato nella vita personale di ognuno di noi.
La politica comunale è la dimensione delle nostre istituzioni che è più vicina alle persone. Per questo ha a disposizione molti strumenti per migliorare la nostra vita quotidiana. Nel caso dei giovani, lo spazio di manovra comprende aree di investimento che riguardano non soltanto la scuola, ma anche gli spazi pubblici, la mobilità e le offerte di carattere sociale.
Da madre di due figli maschi che si avvicinano all’adolescenza, sono particolarmente sensibile al tema del movimento e dello sport. Per questo ho letto con molto interesse l'articolo pubblicato da LaRegione il 24 gennaio, che riferiva su uno studio in cui Pro Juventute mette in guardia contro la diffusione di uno stile di vita troppo sedentario, fra le bambine e i bambini svizzeri.
Da questo punto di vista, la Città di Locarno ha un evidente ritardo che va recuperato con urgenza: molte delle nostre strutture sportive sono arretrate – non solo rispetto al «gold standard» della Svizzera tedesca – e mancano del tutto offerte che altrove sono ormai realtà da decenni, a cominciare da uno skate park.
Il primo passo per promuovere un cambiamento in positivo, seguendo la logica di sussidiarietà tipicamente svizzera, consiste nel collaborare meglio con le società che a Locarno già esistono, nei settori dello sport e del tempo libero, cercando di capire se il Comune può aiutarle meglio a fare il loro preziosissimo lavoro.
Se mi sono candidata per un seggio nel Municipio di Locarno è anche per provare a fare qualcosa per le nostre giovani e i nostri giovani: non a parole, ma ottenendo risultati che possano essere toccati con mano sul territorio. In una società che invecchia e si dimostra (giustamente) attenta ai bisogni degli anziani, ricordarsi anche dei giovani è un modo di dare più equità generazionale alla spesa pubblica, ma anche il più saggio degli investimenti sul nostro futuro.