Seppur in modo non dirompente, il film di Sofia Coppola sulla vedova del re del rock mette sul piatto interessanti questioni sul ruolo della donna
Nonostante Sofia Coppola abbia da sempre una produzione altalenante, nel senso che si deve spesso attendere molto tempo tra un film e l’altro, suscita sempre un certo piacere ritrovarla in sala, sia per la qualità oggettiva dei prodotti, sia perché è diventata in fretta un’apripista per contenuti più femminili, dunque con quello sguardo peculiare che, purtroppo, fatica a trovare lo spazio, imposto con più facilità da quello maschile. Una scelta sicuramente inconsueta, quella di raccontare la storia della moglie di Elvis Presley, Priscilla Beaulieu, sicuramente meno nota del re del rock and roll, inevitabilmente messa in ombra dal suo successo planetario. Cionondimeno, la regista statunitense riesce, partendo dalla biografia ‘Elvis and Me’ della stessa Beaulieu, a costruire un personaggio che risulta molto attrattivo, immerso in una sorta di limbo, una lussuosa casa vuota e spenta in cui attendere il ritorno dell’amato, senza che le venga rubata la scena da Elvis e senza dissacrare lui, esageratamente. Tralasciando dunque ovvie questioni storiche ed evitando di fare un biopic con lo stampino, come ormai prassi a Hollywood, quello che rimane è una genuina storia d’amore tra due persone molto diverse fra loro, e che si ritrovano progressivamente a vivere due vite separate.
È il 1959 e Priscilla è una 14enne acqua e sapone, molto educata, riservata e con una certa fragilità. In Germania Ovest con la madre e il padre, colonnello nelle forze aeree, viene attirata da un conoscente di Elvis e, nonostante i parenti riluttanti, inizia una frequentazione, lusingata dall’attenzione ricevuta dalla rockstar ma insicura rispetto alla loro differenza di età. Con il tempo e nonostante le molte avventure di Elvis, i due costruiscono un rapporto sempre più intimo e Priscilla si trasferisce nella lussuosa tenuta dell’uomo, Graceland, a Memphis. In quel luogo inizia la logorante attesa della ragazza, lasciata quasi sempre da sola in casa mentre Elvis passa da un set cinematografico all’altro, creando nel frattempo molte dicerie su sue presunte conquiste amorose. Nonostante la gelosia, il consumo di farmaci e il peggioramento del trattamento che riceve dai parenti a Graceland (soprattutto dal tutore e padre di Elvis, Vernon Presley), Priscilla si impegna nello studio e adempie al ruolo affibbiatole, non tanto distante dall’essere una moglie-trofeo. A questa condizione di disagio si aggiunge il comportamento di Elvis, che plasma la ragazza secondo il suo volere e le sue credenze, portandola a chiedersi se effettivamente il loro matrimonio sia incentrato sull’amore reciproco o su una sorta di comoda sicurezza affettiva.
‘Priscilla’ è film sicuramente impeccabile dal lato tecnico e da quello attoriale, ma che fatica ad avere dei momenti di vera intensità a livello emotivo; la storia, anche se corre di pari passo con la condizione che Priscilla è costretta a vivere, procede lentamente e senza particolari guizzi di sceneggiatura, risultando a tratti un po’ prolissa. Tuttavia, la componente femminista – quella che espone la volontà di una donna che, nonostante molte premesse, decide di prendere in mano la propria vita – è molto presente. Anzi, potrebbe anche voler criticare l’approccio del recente e un tantino ignobile ‘Barbie’ di Greta Gerwig: anche in questo caso, ovviamente con molta meno naïveté, vi è una netta separazione tra il “mondo reale” e Graceland, che è un finto idillio dove ognuno svolge un compito, comunque mai troppo distante dal satellitare attorno alla figura di Elvis che, quando compare, ridona vita alle bianche e spente mura della villa. Un film dunque apprezzabile per le tematiche del ruolo della donna, nella società e nel matrimonio, ma che risulta un po’ blando e piatto, anche se è impossibile non notare la padronanza del mezzo cinematografico da parte di Coppola, che dal nulla riesce a raccontare una storia celante discorsi molto più ampi, che potevano essere forse approfonditi ulteriormente.