Bianconi & Co. nel toccante showcase alla Rsi. E adesso Lugano dia alla band un concerto intero
L’Auditorium Stelio Moro di Besso si riempie abbastanza rapidamente. Sono le 19.50 circa e fra poco i Baustelle torneranno a esibirsi a Lugano dopo dieci anni (un apparizione come ospiti di Palco ai Giovani), freschi della pubblicazione di ‘Elvis’, il loro nono album. Gianluca Verga, l’anfitrione della serata, inizia a chiacchierare con il Francesco Bianconi, venendo sommerso dagli applausi quando con qualche minuto di ritardo rispetto alla band, fa il suo ingresso sul palco Rachele Bastreghi.
Il set dei Baustelle sarà prettamente acustico, in formazione a due chitarre, due voci, pianoforte, le scarpe bianche e coordinate di frontwoman e frontman, più i cori di Lorenzo Fornabaio. L’atmosfera e la resa dei brani è coinvolgente anche se il ritmo e i giri sono mantenuti bassi e caldi, quasi fosse un’intima sessione fra amici. Soltanto sette le canzoni suonate venerdì sera, inframezzate dalle chiacchiere con Francesco e Rachele, sulla ricerca della canzone perfetta, sui bisogni di pausa per un progetto che ormai compie i 28 anni, demo incluse. Del resto il primo album esordiva con ‘Le vacanze dell’83’, si capisce quanto ampio sia il raggio dei riferimenti. I primi due brani scaldano a dovere l’atmosfera, ‘Elvis’ è un ritorno al rock più largo ed ‘Andiamo ai Rave’ e ‘Betabloccanti cimiteriali blues’ ne sono ottimi esempi. I temi dei Baustelle sono quelli inutile cercare altro: l’osservazione tassonomica e partecipata della gioventù, la frustrazione, la ricerca della libertà dei personaggi che costellano il cielo dei loro racconti.
È questo il punto di un primo passo indietro: ‘Le Rane’, anno 2010, da ‘I Mistici dell’occidente’, poetica dell’incontro e del ricordo della persona e della provincia, forse dal disco meno considerato del progetto toscano. Il pubblico è caldo, Rachele detta i battiti delle mani con il pubblico e un altro, grande e drammatico classico torna in auge: ‘La guerra è finita’ rimane di un’onesta brutale nel distruggere la gioventù e la vita: giochi di ragazzi, crescite, esperienze, scelte sbagliate. È la gioventù di chi ha 15 anni, come ‘Charlie fa Surf’, inchiodata su un banco come nell’opera di Maurizio Cattelan che glie ne ha dato il nome: “... io non voglio crescere, andate a farvi fottere”. È a questo punto che mia figlia richiama la mia attenzione alla vicinanza di sonorità con qualche canzone di Peter Pan: il collegamento mi sfugge ma in effetti, parlando di libertà, frustrazione e sofferenza il personaggio di J. M. Barrie rientra appieno in questa tensione drammatica.
Lo showcase volge ormai al termine, con ‘Contro il Mondo’ si trattiene a malapena il singalong: “…essere contro il mondo e invece averlo addosso in 120 metri quadri di parquet avere un cane, un gatto un figlio aver successo andare a leggere il giornale in un caffè…” rappresenta in qualche modo un grande vuoto nel quale i Baustelle nuotano da più di vent’anni, riuscendo a colpire le orecchie con rime puntute, melodie che si stampano in testa e musica larga e avvolgente alla quale si fa realmente fatica a resistere. La chiusura è dedicata a ‘Gomma’, dall’esordio, con Rachele che raggiunge il piano per dare il là al giusto ritmo, atmosfera tirata, aria da fotoromanzo virato in nero. Chi c’era allora rimane toccato chi è arrivato dopo non può resistere a un set forzatamente troppo breve per quanto avremmo voluto.
A questo punto, dopo questi due appuntamenti a distanza di un decennio, Lugano deve ai Baustelle un concerto consono, in grado di permettergli di spiegare ali, arrangiamenti e il rock che li rappresenta in questa loro ultima fase. I presupposti ci sono tutti e questa serata si è dimostrata un ottimo aperitivo per quello che potrebbe essere uno show in grado di rimanere impresso nella nostra memoria, a dimostrazione del fatto che, come citato dallo stesso Bianconi durante uno scambio con Verga durante la serata, di qualità nella musica italiana attuale ce n’è molta, e Lugano dista meno di trenta chilometri dalla penisola.