laR+ L'intervista

Luci e ambra di Ivan Segreto

A colloquio con il pianista e cantante siciliano, dal vivo in trio allo Studio 2 della Rsi lunedì 8 novembre per ‘MusicaViva’

‘Il nostro è un pianeta, abbiamo tante teste e prima o poi ritroveremo un nuovo equilibrio’
5 novembre 2021
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In ambiti non ‘traditional’, quando nel 2004 uscì ‘Porta Vagnu’ in siciliano avevano già cantato altri. Modugno, per esempio. Ma quella lingua applicata al jazz e al pianoforte da un pianista e cantante di Sciacca, Agrigento, produsse un suono complessivo inedito e affascinante. Sul talento di Ivan Segreto mise gli occhi prima di tutti Franco Battiato, noto anche per un certo gusto estetico, che lo volle con sé ad aprir concerti, restituendo poi il favore in ‘Ampia’ (2007). Ancor prima era arrivato ‘Fidate correnti’ (2005), jazz venato di sudamerica con le splendide ‘Vola lontano’, ‘Juninho’ e ‘Con un gesto’, quest’ultima sul palco dell’Ariston con poca fortuna, un segno che la strada era un’altra, quella che il pianista definisce “priva di dinamiche da supermercato” e che lo avrebbe portato a ‘Chiaro’ (2011), ‘Integra’ (2014, a un passo dal Tenco), agli Ep ‘Ristoro’ (2011) e ‘Mètasi’ (2019) e a tante collaborazioni. Poi il mondo si è fermato e il silenzio gli ha portato in dote, elettronicamente, ‘Ambra scuro’, singolo del/da lockdown.

Al lavoro sull’annunciato tributo a Battiato (ma sempre e solo quando sarà il momento, non c’è nessuna onda funebre da cavalcare), immerso nella collaborazione in inglese con Marcus Eaton, singer-songrwiter di Los Angeles, preso da un nuovo album che sta prendendo forma, si metta insieme tutto quanto sopra e il riassunto per brevi cenni di Ivan Segreto può terminare con il concerto di lunedì 8 novembre alle 20.30 a Lugano-Besso insieme a Luca Bulgarelli (basso, contrabbasso) e Gianluca Di Ienno (tastiere), capatina fuori porta della stagione di Osa!/Voci audaci, rassegna diretta da Oskar Boldre, in collaborazione con Rsi. Il tutto allo Studio 2, anche in diretta su Rete Uno, anche in diretta streaming.

L’ultima volta era marzo 2018, ‘Folli voli’, singolo e showcase alla Rsi con Grazia Di Michele. Ne sono successe di cose…

È successo il disastro. Come tutti ho vissuto il momento di pandemia in un modo molto pesante, ha rivoluzionato molti aspetti della mia vita personale e musicalmente ha messo in stand by tante cose che ora si cerca di rimettere sulla strada. È un momento difficile per tutti, artisti e non, e ancora non è finita, perché non tutti i Paesi si comportano nello stesso modo. D’altra parte il nostro è un pianeta, abbiamo tante teste e prima o poi ritroveremo un nuovo equilibrio. Ma non dobbiamo perdere l’attenzione.

Tu lo avevi detto prima che era il caso di stare svegli, cantando un tuo ‘Nessun dorma’…

Sì, concedendomi la libertà di modificare solo un paio di parole verso la fine del testo per variare la direzione del senso complessivo. Ha a che fare con l’attenzione che dobbiamo dedicare alla nostra crescita personale. Ritengo che questa pandemia sia un ottimo spunto di riflessione, ci mette nelle condizioni di osservare come la nostra attenzione sia fondamentale in ottica di rispetto verso il prossimo. La pandemia ci costringe a farci carico delle nostre azioni.

E la pandemia ha le tinte ‘Ambra scuro’ di una canzone così intitolata...

Stiamo vivendo, come umanità, come organo collettivo, una sorta di caos rigenerativo, mi piace vederla in questi termini. Il brano è legato all’esigenza di dare un valore a questo caos, alla disarmonia, alla distonia, perché tutte portano con sé potenzialità per rivedere e rivedersi, un discorso che per me, per la mia persona, rimane estremamente attuale.

C’è un altro prodotto, indiretto, dell’isolamento e sono le ‘Indiehub Studio Session’, un live con tutti i fuori onda…

È una parentesi legata alla preparazione di un concerto che, successo quel che è successo, si è trasformato in una sorta di regalo digitale. Sì, visto che in questo momento esiste questa sete di curiosità verso tutto quanto sta attorno alla musica, ed è giusto così, ho deciso di aprire le sessioni di prova come fossimo tutti nella medesima stanza, dove poter sentire quello che è il prepararsi a un disco live o a un concerto. L’ho pubblicato così, togliendo comunque una valanga di nostri dialoghi non indispensabili come gli “ordina le pizze” o i “prendi le birre”…

Qualche anticipazione sul nuovo album?

Spero di ultimarlo per i primi mesi del 2022 e fare uscire un singolo in primavera. Avrà degli ospiti. In un momento così particolare, ho pensato che sarebbe stato bello chiamare a raccolta un po’ di amici per provare a ricostruire un senso di comunità, un’idea di appartenenza. Sarà prevalentemente acustico, con inserti di un quartetto d’archi, cosa per me inusuale, ma con il cuore del lavoro legato al pianoforte e alla voce, come sempre.

Guardando alle tue scelte artistiche, la tua è una lezione di coerenza comune a pochi, e insieme una lezione di vita che, immagino, permetta di sentirsi a proprio agio…

Sentirmi a mio agio viene forse dal fatto che ho 46 anni, cinque dischi alle spalle, tanti Ep e collaborazioni. I conflitti forti li ho avuto all’inizio, quando mi ponevo domande su quale storia avrei voluto dare alla mia musica. I grandi che ho coltivato, amato e stimato, in qualche misura mi hanno sempre lasciato intendere che l’integrità artistica era qualcosa che mi emozionava e mi emoziona ancora. Mi auguro di poter mantenere questa coerenza, che è l’unico strumento che ci permette davvero di capire qualcosa, di andare in profondità.

È che tutti cominciamo con l’idea di fare musica per stare bene, per trasporto e ora il fare musica è cambiato, questo universo è cambiato, e di riflesso si è trasformata la punta dell’iceberg, e cioè quel che puoi consumare, percepire. Ritengo che rimanere coerente con quel che sono io, con le mie inclinazioni, sia l’unica cosa onesta che si possa fare, e mi accorgo che non sono il solo a farlo. Tempo fa si ragionava in ordine di vendite, di classifica, oggi mi pare anacronistico: basta osservare con onestà i numeri della musica, anche inseriti in un contesto di mondo del lavoro più ampio, per capire che si tratta di fesserie.

Possiamo chiamarla ‘credibilità’?

Sì, è il prendere coscienza dall’aver giocato bene di carte, mettiamola così.

‘Cinque Stelle’ potrebbe essere la valutazione che un critico musicale dà ai tuoi lavori, o il titolo di uno dei tuoi brani. Ma è anche qualcosa in cui hai creduto, inteso come Movimento: ci credi ancora?

Ogni volta che mi è stato chiesto di esprimere un parere, l’ho sempre espresso in qualità di artista che ha abbracciato un ideale. Non ho mai fatto politica e allo stesso tempo mi piace cogliere dai discorsi politici, e da chi si cimenta in questo tipo di comunicazione, lo slancio, l’immaginifico proiettato sulla società, e l’attendibilità. In passato ho pensato che in qualche misura tutte queste cose si allineassero e penso che ancora queste cose, sempre in qualche misura, stiano esattamente dov’erano. Ciò che ho appreso da questa avventura è che gli schemi richiedono processi d’integrazione molto più lenti e complessi. Il ‘Vaffa’ è qualcosa di molto adolescenziale che fa parte di un percorso. Ritengo invece che cose molto positive siano state iniettate nel pensiero civico, come l’esigenza di chiarezza, di maggiore pulizia. Se questo ha portato o porterà a reali cambiamenti, lo diranno il tempo e la storia.

E per quella che è stata la storia fino a oggi?

Non butterei via tutto. Quella specie di scontro generazionale che è stato canalizzato attraverso quel movimento non è ancora finito, i punti di disaccoppiamento sono tanti, ma si è capito che dev’essere un processo d’integrazione. Oggi potremmo dire che è la pandemia il più grande strumento d’integrazione. Ci sono disarmonie, e ritorno ad ‘Ambra scuro’: ognuno di noi deve vedersi il suo, deve vedere in che modo integrare quel che sta arrivando di nuovo con la morte di tutta una grande fetta della visione complessiva avuta sin’ora. Il futuro è già abbastanza chiaro ed evidente, e se non riusciamo a trovare il modo d’integrare la nostra visione con quanto dall’esterno arriva in modo massivo e prepotente, rischiamo di perdere il lume della ragione e il filo del discorso, quello della nostra storia personale e della nostra sfera personale inserita in un contesto più ampio. In questo senso, non posso che mandare un grande in bocca al lupo a tutti (www.ivansegretoofficial.com).