Nel 2005, il pianista e cantante siciliano aprì i concerti del grande conterraneo: 'Persona generosa, uno dei più grandi sperimentatori. Ci mancherà un pilastro'.
In nome e per conto della scuola siciliana, da Sciacca, provincia di Agrigento, Ivan Segreto parla di Franco Battiato che non c'è più da questa mattina. Nel 2005, un anno dopo l’album d’esordio ‘Porta Vagnu’, che di Sicilia trasuda, il pianista e cantante siciliano aprì per lui i concerti del tour di ‘Dieci stratagemmi’. «Mi diede quella possibilità, e fu per me un momento eccezionale», racconta alla ‘Regione’. «Franco è sempre stato generoso da questo punto di vista. Quando poteva, regalava agli emergenti una platea, un pubblico più vasto del consueto. In quei giorni mi prese sotto la sua ala e fu per me una bellissima esperienza». Un’offerta e al tempo stesso una scelta, da leggersi anche come ‘certificazione’: «Sì, mettiamoci anche che la scelta veniva da un siciliano, lui amante della musica tradizionale e insieme di quella elettronica». Lui che «della commistione dei generi è sempre stato un faro».
Quello status iniziale di opening act sarebbe confluito più tardi in una collaborazione discografica intitolata ‘Ampia’, brano e album di Ivan Segreto del 2007: «Quel brano era stato scritto per mia figlia Emma che stava per nascere, un brano ispirato alla creazione, all’ampiezza e allo spazio che la donna costruisce in sé per permettere a una nuova vita di arrivare. Il maestro era davvero entusiasta di questo pezzo». Così entusiasta che la rassegna che produceva in quegli anni a Torino, il Traffic Festival, nel 2007 portò come titolo ‘Ampie visioni nel vuoto’, attingendo dal titolo del disco di Segreto e da ‘Il vuoto’, il Battiato del 25esimo album, unendo le intuizioni di entrambi in modo quasi anticipatorio: «Non a caso ci stiamo muovendo in un periodo storico che sta descrivendo questa assenza, di contenuti, di visioni importanti, un’assenza che in alcuni casi riguarda pure lo spirito d’iniziativa. Bisogna costruire un’ampiezza dentro di sé per trovare la forza della creatività, reinventarsi, reinventare, rimettere in discussione tutto il nostro quotidiano, la nostra percezione».
Raccontato da un altro siciliano, Battiato è l’insieme di due caratteri evidenti: «Dal mio punto di vista – spiega Ivan – il siciliano si divide in due cordate psicologiche, una delle quali tende alla riflessione, alla visione esistenziale, all’aspetto filosofico, complice una terra che ha partorito grandi menti, che ha dato spunti importanti al mondo occidentale per riflettere su sé stesso come civiltà, come esseri umani soggetti a leggi molto più ampie, che travalicano la volontà dell’individuo stesso e, in qualche misura, ci regolano come organo, come umanità unica. E questo aspetto è qualcosa che la sicilianità ha avuto modo di coltivare in modo particolare. L’altra cordata è invece più leggera, più effimera, briosa, disposta a godere del momento che arriva. La cosa bella di Franco è che riusciva a coniugare questi due aspetti, da persona allegra e divertente qual’era, cosa che apprezzavo moltissimo di lui». Parallelismo che riconduce alla doppia visione di una musica non immediata da una parte e dall’altra a un’altra ‘leggerissima’, tanto per usare il lessico quotidiano: «È vero, i tempi costringono per certi versi a scelte più radicali e, approfittando della sponda, confermo: decisamente leggerissime».
Evadiamo, con Ivan, il ‘cosa mancherà di Franco Battiato’: «Dal punto di vista meramente musicale, mancherà un pilastro, uno dei più grandi sperimentatori che la Penisola abbia mai avuto. In senso più generale, la dipartita di Franco rappresenta la chiusura di un cerchio. È un po’ come se ora dovesse succedere qualcosa di nuovo, di diverso. Non penserei a un passaggio di testimone, ma quasi a una rivoluzione, come se si dovessero rompere degli schemi, visto che molti si sono già esauriti. Più che un passaggio di testimone, dicevo, mi attendo un terremoto culturale che permetta d'immaginarsi in una nuova fioritura artistica e culturale, in questo paese che attraversa un momento di grande difficoltà e fatica da questo punto di vista».
Evadiamo anche l’opera preferita: «‘Beh, ‘La voce del padrone’ è il disco che io ho consumato di più». Della sua intenzione di rivisitare qualcosa da quell’album, per una più generale rivisitazione del repertorio di Battiato, Ivan ci aveva parlato nel gennaio di quest’anno, ai tempi di ‘Sicilia per l’Italia’, singolo benefico pro-operatori sanitari Covid-19 caduti in servizio. «Ci lavoro da un paio di anni, ma mi sono sempre ritrovato nella situazione di non sapere se pubblicare oppure no, visto che la malattia di Franco andava avanti da un po’, per evitare di ricadere in un’accusa di speculazione diretta. Magari più avanti sarà più facile». Il brano di Battiato imprescindibile per Ivan Segreto è, per inciso, ‘Gli uccelli’, su quell’album bestseller del 1981: «Una composizione stupenda che lo rappresenta al netto di tutte le altre. Sia chiaro, ci sono cose grandissime come ‘La cura’, o altre in dialetto siciliano, ma ‘Gli uccelli’ per me ha l’equilibrio tra la poeticità del testo e il grande slancio melodico, le due cose che a me fanno emozionare in musica».
Per finire, l’aneddoto: «La prima data del concerto di apertura per lui, credo fossimo a Modena; scesi nella hall dell’albergo e lui stava proprio lì, defilato, che lavorava a un testo; c’incrociammo poco dopo all’altezza dell’ascensore, nella zona ristorante, e Franco mi invitò a bere qualcosa insieme al bar; io ero talmente spaesato, come un bambino davanti a una figura insostenibile, che declinai l’invito, intimidito. Quando, tempo dopo, ci chiacchierammo sopra, ricordando quel rifiuto, lui si fece grandi risate. Ma io, davvero, in quel momento, ero davvero incapace di sostenere il peso di quello che mi stava accadendo…».
Ivan Segreto (Facebook official)