La tradizione russa e il mito di Domovoi, nello spettacolo ‘Kto Tam?’, un’opportunità per ridere e avvicinarsi a miti e leggende distanti da noi
Quello costruito nell'ultimo weekend è un ponte di collegamento tra il Teatro Foce e la Russia, quella fiabesca, attraverso un personaggio chiamato ‘Domovoi’, ovvero lo spirito protettore della casa, nella mitologia slava, nonché omonimo della compagnia teatrale che ha portato sul palco lo spettacolo ‘Kto Tam?’, in collaborazione con l’associazione culturale Blu Selyodka. ‘Kto Tam?’ significa “chi c’è?”, o “chi va là?”, l'interessante personaggio è stato interpretato in modo simpatico e coinvolgente da Igor Mamlenko, libero nella grande interazione con il pubblico di bambini e famiglie che ha assistito a una fiaba particolare e meno colorita rispetto a quanto siamo abituati, strizzando l’occhio ai classici dei fratelli Grimm.
Nella fredda steppa siberiana, Domovoi rimane solo a prendersi cura di una casa vuota, perché la famiglia che la abitava si è trasferita senza portarlo con sé; tuttavia non si scoraggia e adempie con ilarità al suo compito, anche con il sostegno di oggetti che prendono vita: un peluche canino che diventa il suo compagno e amico, scatole vuote ma pesanti che celano mondi invisibili, quindi due lampade che diventano il ricordo di due innamorati che si ritrovano. Una gestione dosata e non facilissima, viste alcune componenti leggermente inquietanti e intrinseche di questo tipo di narrazione, apprezzata unanimemente in sala grazie alla capacità dell’attore di coinvolgere tutti, grandi e piccini, soprattutto tramite gli elementi di slapstick e pantomima che hanno accompagnato le sue azioni, ma anche andando fisicamente dalle persone, baciandole e abbracciandole, quindi chiamando gli applausi a comando per poi, con un semplice gesto, interromperli repentinamente.
Costruito su di una genuina semplicità anche da un punto di vista scenografico, ‘Kto Tam?’ ha la sua formula vincente nella spensieratezza e in quel modo di parlare cartoonesco che ricorda tanto il nostro Pingu, aggiungendo qua e là qualche parolina o breve frase per aiutare la comprensione, e collegare questa lontana tradizione specifica con la realtà svizzera, mescolando la leggerezza clownesca con la nostra fama di popolo preciso e puntuale. Una creatività dirompente che nasce in maniera evidente da una grande immaginazione e volontà di avvicinarsi ai più piccoli con qualcosa di culturalmente diverso. Domovoi chiede ‘Kto Tam?’ nella ricerca di una famiglia da sostenere, che non c’è, e che viene quindi sostituita dagli spettatori, uniti da un personaggio che non trascura nessuno e che ama tutti, senza eccezioni e senza malinconia, portando la gioia con un sorriso o saltellando tra le sedie del teatro, come un trampoliere, scandito dal ritmo dei rintocchi musicali delle note di piano e delle risate dei bambini.
Quella concessa da Mamlenko è stata una grande occasione per affacciarsi e avvicinarsi a miti e leggende distanti e passate, in cui immergersi e da cui farsi inebriare, attraverso il movimento del corpo, le situazioni mimiche e le particolari marionette che diventano personaggi vivi anche nella loro materialità, lasciando grande spazio a una fantasia molto ispirata che è riuscita, come da frase di apertura, a “spegnere i telefoni e ad aprire il cuore”.