Il presidente del Centro davanti al ‘parlamentino’. Nel mirino governo e giustizia. Votata all’unanimità una risoluzione sul clima politico intimidatorio
«Purtroppo è da tempo che si ha la sensazione che in Ticino ci sia chi guida l’automobile a fari spenti, in un buio che è reso profondo dall’improvvisazione, dalla mancanza di obiettivi, e dalla sostanziale mancanza di coinvolgimento dei cittadini, a cui si aggiunge la superbia del primo della classe». È un Fiorenzo Dadò infuocato quello che ha aperto il comitato cantonale del Centro tenutosi questa sera a Sant’Antonino. Il presidente del partito non le manda a dire. Sul tavolo il «clima politico» e «alcuni recenti episodi che la dicono lunga sulla situazione di degrado e incuria che il Ticino e i ticinesi sono costretti a subire». I nodi, avverte Dadò, «stanno venendo al pettine, con i relativi disastri per la nostra comunità».
Ma veniamo ai discussi episodi. «Se un consigliere di Stato – si chiede il presidente del Centro –, che guida in presunto stato di ebrietà e potrebbe aver ricevuto un trattamento di favore, invece di spiegarsi subito di fronte alla cittadinanza si nasconde e, una volta scoperto, assume un mastino del foro per minacciare i giornalisti, e a pagare e venir processati sono dei poliziotti, cosa devono pensare i cittadini?». Dadò fa accenno all’incidente stradale che ha coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi nel novembre dello scorso anno sulla A2 in zona Stalvedro. Non finisce qui. «Se nella Giustizia ticinese – prosegue Dadò –, la cui incuria è evidente e della quale nessuno si è occupato, si sta inscenando una guerra fratricida, con un giudice che invece di occuparsi di crimini si prodiga a spedire foto di peni giganti e bambini che leccano i maiali, cosa devono pensare i cittadini? E saremmo noi a delegittimare le Istituzioni?». Nel mirino di Dadò questa volta il presidente del Tribunale penale cantonale (Tpc) Mauro Ermani. Il centrista non fa sconti a nessuno: «I responsabili di queste e altre situazioni se ne assumano le responsabilità». Di più. «Di fronte a questi e altri errori che stanno penalizzando i cittadini – stigmatizza Dadò – nessuno prova vergogna, nessuno arrossisce, nessuno ne assume la responsabilità politica, che è sempre, rigorosamente e sistematicamente scaricata su qualcun altro».
Sotto scacco, sostiene il presidente del Centro, «chi osa avere opinioni diverse o solleva un dubbio». A essere «visto con sospetto», rileva, «chi si oppone con argomenti e chi osa togliere il coperchio a qualche pentola puzzolente». Persone queste «ritenute da insultare e da intimidire con il dileggio e la minaccia». Dadò non ci sta. «Questo atteggiamento è antidemocratico e non consono alle tradizioni ticinesi, che non può più essere accettato e che tutti i politici, e anche i cittadini, dovrebbero seriamente rifiutare con coraggio, senza alcun timore».
Il comitato è anche stato l’occasione per discutere una risoluzione elaborata dall’Ufficio presidenziale del partito, approvata all’unanimità dal ‘parlamentino’ (meno un astenuto, il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, per ovvi motivi). Questo documento, illustra il deputato al Nazionale Giorgio Fonio, «nasce dall’esigenza di affrontare e chiarire il clima politico attuale, caratterizzato da tensioni e accuse reciproche che minano talvolta la serenità del dibattito democratico nel nostro Cantone». E spiega: «Recenti critiche provenienti da membri del Consiglio di Stato verso deputati al Gran Consiglio hanno sollevato questioni fondamentali riguardo al diritto e al dovere di esprimere in piena libertà opinioni anche divergenti». Il riferimento è ai ‘ministri’ leghisti Claudio Zali e Norman Gobbi, che hanno rispettivamente commentato con parole dure l’abrogazione per direttissima da parte del parlamento della tassa di collegamento per due soli voti e la luce verde al pacchetto di misure per riformare la magistratura ticinese. Tant’è che viene ritenuto «indispensabile riaffermare il ruolo dei partiti nel promuovere un confronto aperto e rispettoso, pilastro della democrazia sancita dalla Costituzione». Non solo. A Sant’Antonino è pure stata espressa «profonda preoccupazione per i gravi atti di intimidazione subiti» da Dadò, «che – rileva Fonio – ha avuto l’ardire di scoperchiare dei casi scottanti (il caso Gobbi e il caos al Tpc di cui sopra, ndr), sottolineando la necessità di proteggere chiunque partecipi al dibattito politico da pressioni indebite e minacce». Dadò, lo ricordiamo, aveva tra l’altro ricevuto al suo domicilio un proiettile e una lettera con minacce “molto pesanti”, con ogni probabilità a seguito dell’interpellanza sull’incidente di Gobbi. Insomma, attraverso questa risoluzione, il Centro intende «ribadire il valore della libertà di critica e contrastare ogni tentativo di delegittimare la funzione istituzionale del Gran Consiglio». E affonda Fonio: «Non abbiamo nessuna intenzione di farci mettere il bavaglio o piegarci alle minacce e lo dobbiamo ribadire con risolutezza e convinzione». Il comitato cantonale del Centro, formula quindi un appello a tutti i partiti e movimenti politici del Cantone, «affinché – evidenzia Fonio – non accettino più a capo chino le critiche gratuite, nonché l’atteggiamento irrispettoso in particolare di due consiglieri di Stato appartenenti allo stesso movimento, e continuino con coraggio a scoperchiare i coperchi delle pentole dove ribolle una brodaglia di scandali, ‘malandazzi’ tollerati per anni, mobbing, molestie. Nessuno ha il diritto di mettere il bavaglio ai politici che a nome dei cittadini onesti denunciano situazioni inaccettabili e scandali cercando di fare emergere la verità».
In merito, interviene il capogruppo in parlamento Maurizio Agustoni: «Credo che vada recuperato dai diversi attori della politica cantonale un dialogo più sereno, chiaro e improntato alla consapevolezza che ciascuno nel suo ruolo deve innanzitutto portare il suo contributo al raggiungimento del bene comune. Un dialogo che non esclude la divergenza e neppure lo scontro, ma deve permettere di superare l’equivoco secondo cui una critica politica viene talvolta vissuta come un affronto o un oltraggio personale».
Dal canto suo, il consigliere di Stato Raffaele De Rosa, alla testa del Dipartimento sanità e socialità, si è soffermato sul finanziamento uniforme delle prestazioni sanitarie in votazione il 24 novembre.