Circa un migliaio di persone ha partecipato al corteo sotto la pioggia. Al centro delle rivendicazioni salari, pensioni e condizioni di lavoro di qualità
Un Primo maggio bagnato che ha visto la partecipazione di un migliaio di persone al corteo dalla stazione di Bellinzona a piazza Governo. Tanti i temi caldi ribaditi dalla piazza. «Siamo qui – ha sottolineato dal palco Giangiorgio Gargantini, segretario regionale di Unia e vicepresidente regionale dell’Uss – per difendere salari, pensioni e lavoro di qualità. Tre rivendicazioni storiche».
Un quadro a tinte fosche, quello dei salari in Ticino. «I dati presentati dall’Ufficio di statistica sono drammatici. Ma – rimarca Gargantini – la reazione del padronato ticinese, se possibile, è stata ancora peggiore. Dal 2002 al 2020 i salari in Ticino sono diminuiti in diciassette rami professionali. In Ticino i salari sono aumentati dello 0,7%, mentre l’inflazione del 3,4%. Cinque volte più dei salari. La differenza media di salario tra il Ticino e il resto della Svizzera è del 23%, quando il costo della vita è sensibilmente lo stesso. I salari mediani nel privato sono di 5’300 franchi, se togliamo le persone con responsabilità scendiamo a 4’442. Significa 4mila franchi netti». Per il segretario regionale di Unia la domanda da porsi di fronte a questi dati è chiara: «Come si fa a vivere in Ticino con meno di 4mila franchi al mese? Non è possibile. Cosa ha chiesto invece il padronato ticinese? Ha chiesto come mai il Ticino è calcolato da solo, mentre il Canton Giura insieme al Canton Berna e il Canton Neuchâtel con il Canton Vaud». Non solo. «La Camera di commercio ha anche chiesto di ricalcolare queste statistiche considerando solo due terzi dei lavoratori, togliendo quindi il terzo che guadagna di meno ed escludendo i lavoratori frontalieri. Questo perché in Ticino i frontalieri guadagnano il 23% in meno rispetto ai lavoratori residenti, mentre in Romandia la differenza è del 5% e in Svizzera interna del 2,5%». E affonda Gargantini: «Il problema non sono le frontiere, ma come i padroni le sfruttano. Fino a quando avremo delle associazioni padronali e un Dipartimento finanze ed economia che cercano di negare le statistiche, la situazione non cambierà. Se resteremo uniti, riusciremo a farlo noi».
A rincarare la dose anche il copresidente del Partito socialista Fabrizio Sirica. «Abbiamo perso vent’anni – ha esordito dal palco Sirica –. Vent’anni fa un imbianchino guadagnava 4’400 franchi al mese, oggi grazie agli sforzi sindacali 5mila. Mica male direte, sono 600 franchi in più. Ma cosa è successo in questi vent’anni? Vent’anni fa per un appartamento di 4,5 locali a Locarno l’affitto era di 1’100 franchi al mese, oggi per lo stesso appartamento bisogna pagarne 1’700. Sono 600 franchi in più solo di affitto». E non è successo solo questo negli ultimi vent’anni. «Ad avere eroso maggiormente il potere d’acquisto – prosegue Sirica – le casse malati. Se nel 1997 una famiglia di due persone adulte con due figli pagava 580 franchi di cassa malati, oggi ne paga 1’200. Quei 600 franchi in più in busta paga sono andati persi». C’è comunque qualche nota positiva. «Il 3 marzo 2024 – illustra il copresidente del Ps – è successa una cosa incredibile. Il 58% dei votanti a livello svizzero, il 70% in Ticino e la maggioranza dei Cantoni ha detto ‘sì’ all’aumento delle rendite Avs. È un risultato storico non solo perché milioni di persone potranno tirare un po’ il fiato, ma anche perché per una delle prime volte la popolazione ha fermamente detto basta a questi ricatti finanziari». Non mancano però sfide all’orizzonte. «Il 6 giugno – ricorda Sirica – votiamo anche sui premi di cassa malati. Possiamo interrompere questo circolo vizioso che fa pagare meno imposte a chi guadagna di più». Ma anche. «Abbiamo altre due battaglie fondamentali – riprende Gargantini –. La votazione per le misure di accompagnamento Ipct a giugno e in autunno contro la riforma del secondo pilastro».
Per il comitato Primo maggio – i cui membri, lo ricordiamo, sono le federazioni dell’Uss, quindi Unia, Vpod, Sev, Syndicom, Ssm e Garanto, il Ps, i Verdi, il Partito comunista, il Pop, il Forum alternativo e le rispettive organizzazioni giovanili, a cui si aggiungono il Sisa e il Collettivo scintilla – è intervenuto Renato Minoli, presidente regionale dell’Uss: «A livello salariale e di clima di lavoro la situazione sta peggiorando in molti settori. E questo a causa di chi vuole spremere fino all’ultima goccia ogni lavoratore». Minoli ha ricordato i «troppi incidenti e i troppi morti sul lavoro, dovuti appunto a questa cieca volontà. Molti degli incidenti a livello cantonale e nazionale sono dovuti a delle disattenzioni. Gente stressata che cade dall’impalcatura o che inciampa». Ed evidenzia: «La sicurezza sul lavoro è una delle disuguaglianze più pericolose. Chi muore sul lavoro non guadagna sicuramente 30mila franchi al mese. Muore chi ha poco e vive bene chi ha molto. Non sono delle fatalità». Per Minoli è dunque «necessario spingere per dei salari, delle pensioni e delle condizioni di lavoro di qualità. Quello attuale è un modello profondamente iniquo fatto di privilegi per pochi e disuguaglianze per troppi. Oggigiorno c’è troppa competizione, ma esasperare un mondo competitivo vuol dire che pochi vincono e molti perdono. Nel mondo sociale e solidale a cui puntiamo nessuno perde e si accompagna anche chi è in difficoltà».
Durante il corteo Gargantini si è inoltre soffermato sulla notizia di questa mattina del fallimento della società specializzata in servizi di sicurezza e sorveglianza Rainbow Sa. «Questo licenziamento a mezzo stampa, vale a dire che i lavoratori siano venuti a sapere leggendo i giornali che la loro azienda ha fatto fallimento, è un passo ulteriore nel degrado del lavoro in Ticino. Che questo gesto sia stato compiuto da un’azienda che riceve mandato dallo Stato per esercitare la sicurezza, e quindi per fare applicare la legge, è ancora più vergognoso». Per molti di questi lavoratori, aggiunge Gargantini, «ci sono mensilità di salario in arretrato di cui si farà carico lo Stato. E per fortuna che lo Stato potrà intervenire. Siamo ancora una volta di fronte a un privato che scarica le proprie responsabilità sul pubblico». Il segretario regionale di Unia non ci sta: «Sono questi stessi privati che poi ci dicono che il settore pubblico ha troppi soldi e che lo Stato vuole essere troppo presente all’interno delle contrattazioni e del mondo economico. Ecco, sono gli stessi che da due mesi non stavano più pagando salari, sapendo peraltro benissimo come sarebbe andata a finire, e hanno dichiarato fallimento. Ai dipendenti è stato poi detto di non presentarsi più al lavoro e di rivolgersi allo Stato per una parte dei salari arretrati». Di più. «Che questo succeda la mattina del Primo maggio è particolarmente simbolico. Ma non è un caso isolato, lo abbiamo già vissuto, e sappiamo perché i fallimenti si svolgono in questa maniera. Perché probabilmente in questi ultimi giorni si è lavorato per nascondere e spostare gli attivi, così da non farli finire nelle masse fallimentari e non contribuire ai pagamenti dei salari arretrati. Una vergogna».