La sinistra dice no alla riduzione delle imposte per i ricchi, ma apre sulle altre deduzioni. Centrodestra e destra confermano la linea. Nodo coefficiente
Prime mosse in parlamento sullo scacchiere fiscale. Gli sgravi proposti dal Consiglio di Stato nel messaggio varato lo scorso mese sulla riforma della Legge tributaria (alleggerimenti che negli intenti del governo dovrebbero scattare nel 2024 ed entrare a pieno regime nel 2025) sono finiti martedì sotto la lente della sottocommissione Fisco della Gestione, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.
«Salvo gli oppositori ideologici a priori, la necessità di rendere più snello il nostro sistema fiscale è condivisa da diverse forze politiche e anche tutti gli specialisti del settore ci dicono che è importante perlomeno entrare nella media svizzera», premette il presidente del Plr Alessandro Speziali. E questa riforma, rimarca, «ci porta nella media nazionale, non è una fuga in avanti». Avanti tutta quindi, aggiungendo e rimarcando che «stiamo valutando un paio di piste dove si possono rafforzare gli sgravi per il ceto medio, cui noi dedichiamo la nostra attenzione come già fatto con il trapasso delle aziende di famiglia e la proposta di deduzione dei premi di cassa malati a dipendenza dell’andamento dei costi».
E all’accusa da parte della sinistra di voler sempre e solo difendere i grandi patrimoni la replica di Speziali è secca: «Quello che ci distingue da loro è che vogliamo agire sia per il ceto medio, sia rendendo più attrattivo il cantone per i grandi contribuenti». E perché? «Perché è nell’interesse proprio del ceto medio, se se ne vanno i benestanti quella quota che perdiamo ricade su di lui. Questo va ammesso – afferma Speziali –, e ci dispiace che ogni volta ci sia il paraocchi ideologico per cui bisogna continuare con questa cantilena elettorale. Le persone più in difficoltà non si possono sgravare, perché già non pagano le imposte». E sul coefficiente d’imposta come la mettiamo? Verrebbe (ri)alzato al 100% per sgravare i ricchi, dice la sinistra. «Se c’è da discutere sul coefficiente, discutiamone senza tabù ideologici – risponde il presidente del Plr –. Noi vogliamo riformare, non sdraiarci sui binari: che rimanga al 97%, che risalga al 100%, per sgravare i ricchi, per tutelare il ceto medio… discutiamo, noi ci siamo. Però con spirito costruttivo e piglio serio e responsabile, senza ideologie».
Pronta la replica del capogruppo socialista Ivo Durisch: «Per il Plr e i loro alleati, discuterne senza tabù vuol dire mantenere il moltiplicatore cantonale al 97%... Mi dispiace, ma la norma transitoria approvata a suo tempo dal Gran Consiglio e il messaggio governativo parlano chiaro: si deve ritornare al 100 per cento». Quanto agli sgravi prospettati dall’Esecutivo, Durisch ribadisce la contrarietà del Ps «alla riduzione dell’imposta per i ricchi: la misura, oltretutto, che delle quattro proposte dal Consiglio di Stato è la più costosa: 22 milioni di franchi di mancate entrate annue per le casse del Cantone, tra i 15 e i 16 milioni per quelle dei Comuni». E questo, sottolinea Durisch, «non possiamo permettercelo. Non possono permetterselo le finanze del Cantone, ma soprattutto non possono permetterselo le famiglie con all’orizzonte tagli al sociale, compresi verosimilmente quelli ai sussidi per il pagamento dei premi, tagli che andranno a toccare soprattutto il ceto medio, tagli di cui hanno bisogno centrodestra e destra per ricavare i margini necessari per gli sgravi fiscali. E tutto ciò con affitti, premi di cassa malati e prezzi dell’energia destinati ad aumentare ulteriormente».
Quello del Ps non è però un no su tutta la linea al pacchetto confezionato dall’Esecutivo. «Le altre misure – riprende Durisch – di principio le condividiamo. Siamo quindi d’accordo con l’aumento della deduzione per le spese lavorative, anche se chiediamo una riduzione d’imposta non in base al reddito, bensì uguale per tutti. Così come siamo d’accordo con la deduzione per le successioni – misura che tiene conto delle nuove forme di convivenza e che agevola la successione delle piccole e medie imprese – e con la deduzione per la previdenza, che ha un costo relativamente basso e che eviterebbe cambiamenti di domicilio quando si ritira la pensione».
Il «problema», evidenzia Durisch, «è che le quattro misure sono state inserite dal Consiglio di Stato in un unico decreto, obbligando ad accettare o respingere il tutto. Noi chiederemo di spacchettarlo oppure di approvare tre delle misure prospettate, rinviando discussione e decisione sugli sgravi fiscali proposti per i ricchi contribuenti a quando le finanze cantonali saranno risanate. Così saranno chiari anche i tagli fatti per risanare le finanze del Cantone. Nella situazione attuale, ripeto, quest’ultimo passo, nonché il mantenimento del moltiplicatore cantonale al 97%, non possiamo permettercelo, considerato anche il dato del preconsuntivo del Cantone pubblicato in giugno, che registra un disavanzo di circa 230 milioni».
Anche Samantha Bourgoin (Verdi) contesta la questione del coefficiente. Primo, «non c’è chiarezza». Nel senso che «il Cantone dice, e io la vedo come loro, che la sede naturale sia al 100%». Secondo, «trovo assurdo che tutta questa riforma venga inserita in questi tre punti percentuali, perché la gente non capisce: si aumentano le imposte a tutti e le si diminuiscono ai ricchi? Credo che il ragionamento non sia pulito», dice ancora Bourgoin. Che concede: «Su alcune misure possiamo essere d’accordo, ad esempio di principio le deduzioni per le spese professionali sono coerenti. Ma sgravare i ricchi non è urgente ora». Ma la destra dice che serve per tutelare il ceto medio… «È una fantasia! – esclama Bourgoin –. La teoria dello sgocciolamento esiste solo col gelato, a livello internazionale è una logica superata e anche in Ticino dovrebbe esserlo».
Boris Bignasca taglia corto: «È una riformina, si tratta di 45 milioni che sul budget del Cantone sono poco più dell’1%. Cosa si vuole spacchettare?!». Continua il capogruppo della Lega: «La sinistra, lo abbiamo capito, questa riformina non la vuole. Tendenzialmente ci vorrebbe qualcosa in più per il ceto medio e questo anche per convincere tutto il centrodestra ad approvare il pacchetto. Si potrebbe, per esempio, aggiungere le deduzione fiscale integrale dei premi di cassa malati, come peraltro chiede una nostra iniziativa». Quanto al moltiplicatore cantonale? «Come Lega, di sicuro preferiamo mantenerlo al 97%. Se ne discuterà».
Serafico Paolo Pamini (Udc), che spiega come «noi siamo rimasti sulla nostra posizione, siamo d’accordo con questa riforma e non cambierei nulla». Tranne l’attore principale, però: «Il moltiplicatore per noi deve rimanere al 97%». E come si finanzia il tutto, se resta al 97%? «Stiamo parlando di 45 milioni l’anno per il Cantone, è l’1% del budget… bisogna far quadrare i conti agendo sulla spesa. Già rallentandone l’aumento per un anno si trova tutto». Poi aggiunge il carico, confermando la tesi di Bignasca: «Io, come altri, non sono disposto davanti all’ipotesi di un referendum a difendere la tesi che aumentiamo le tasse a tutti per sgravare i ricchi».
Annota il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni: «Abbiamo formulato una serie di domande per capire, misura per misura, quale sarebbe il risultato per le varie categorie di contribuenti. Il Consiglio di Stato dovrebbe rispondere nel giro di un paio di settimane. Sulla base di queste risposte sarà poi possibile capire quali misure potranno essere sostenute». In generale, aggiunge Agustoni, «mi pare che la riforma preveda diverse misure interessanti, come l'aumento delle deduzioni professionali e alcune riduzioni delle imposte di successione/donazione. In ogni caso, mi sembrerebbe insostenibile qualsiasi riforma fiscale che, per certi contribuenti, porterebbe a pagare più imposte rispetto a prima. In questo senso la proposta del Consiglio di Stato di aumentare del 3% il coefficiente cantonale mi trova contrario».