Dalle analisi di 76 campioni, 15 non hanno superato l'esame. Risultato in linea con gli scorsi anni. Tra le cause, igiene dei dipendenti e temperature
Tra le tante conseguenze delle limitazioni imposte dalla politica per contrastare la pandemia di coronavirus c’è anche lo stravolgimento delle nostre abitudini all’ora di pranzo e cena. Addio alla pausa dal lavoro al tavolo di un ristorante con i colleghi, tanti saluti alla birretta e all’aperitivo con gli amici. Il boom del cibo da asporto visto in questi mesi ha interessato anche il Laboratorio cantonale, che ha messo alla prova la qualità di 76 campioni di cibo da asporto presso 28 aziende di take away, ristoranti e supermercati. Di questi, 15 non sono risultati conformi: il 20%. In linea con gli ultimi anni, con un cambiamento di fruizione che non ha quindi portato a un peggioramento della qualità. I campioni sono stati raccolti tra gennaio e aprile in ditte distribuite su tutto il territorio cantonale e, si legge nella nota del Laboratorio cantonale, “fra le derrate prelevate vi erano insalate, panini, piatti caldi, preparazioni di sushi, prodotti della gastronomia, dessert”. Insomma, l’essenziale per un pasto al volo di questi tempi.
Tutte le non conformità, prosegue lo studio, “riguardavano parametri indicatori dello stato igienico, in nessun campione sono stati rilevati batteri patogeni”. L’esito di questa campagna viene definito “confortante” per quanto riguarda questi ultimi, poiché “tutti i campioni sono risultati sicuri dal punto di vista alimentare. Tuttavia i parametri legati alla qualità evidenziano alcune lacune nella gestione dei prodotti”. Ad esempio, “un elevato numero di germi aerobi mesofili o di enterobatteriacee può essere dovuto a un problema nella gestione della temperatura (trattamento termico insufficiente e stoccaggio delle derrate troppo prolungato o a temperature non adeguate)”. Una contaminazione da stafilococchi coagulasi positivi (riscontrata solo nel 2 per cento dei campioni), “è da imputare a una scarsa igiene del personale”. La prima misura preventiva, suggerisce il Laboratorio cantonale, “consiste nell’educare chi manipola gli alimenti a una rigorosa igiene personale. Si può ottenere con un lavaggio frequente delle mani, oppure con l’utilizzo di guanti monouso o utensili dedicati alla manipolazione delle derrate”. Un altro aspetto ritenuto fondamentale “è l’utilizzo di materie prime di qualità. Occorre poi ridurre i tempi di manipolazione degli alimenti al minimo, rispettando le buone pratiche di igiene e infine si deve monitorare la temperatura soprattutto nella fase di conservazione. Temperature non adeguate possono, infatti, favorire la moltiplicazione dei batteri”.
Ad ogni modo, da abitudini stravolte si è giunti allo stesso risultato: “Se si confrontano i dati di questa campagna con i risultati degli anni scorsi relativi ai campioni prelevati nel settore della ristorazione, si riscontrano le stesse percentuali di non conformità”. Questo per il Laboratorio cantonale è segno che “il fenomeno del take away non ha portato a maggiori carenze igieniche e che il personale di cucina si è adoperato per garantire la sicurezza dei prodotti. Per la preparazione del cibo da asporto valgono le stesse norme igienico-sanitarie che per i piatti serviti al ristorante”. In più, da ricordare, “gli operatori devono assicurarsi che i contenitori per il cibo da asporto sino idonei al contatto con alimenti e resistano alle temperature di stoccaggio e al trasporto”.
Per la preparazione di cibo da asporto si devono rispettare le disposizioni presenti nell’Ordinanza del Dipartimento federale dell’interno sui requisiti igienici, annota il Laboratorio cantonale. In particolare, “i responsabili devono garantire, nell’ambito del proprio controllo autonomo, che siano rispettati i criteri d’igiene del processo, i criteri di sicurezza alimentare e i valori alimentare e i valori microbiologici indicativi per la verifica della buona prassi procedurale”.