Anche i cinque ministri saranno assoggettati all'Istituto di previdenza del Cantone Ticino: il Gran Consiglio approva il cambiamento
La riforma sulle pensioni dei consiglieri di Stato è infine diventata realtà. Il Gran Consiglio ha infatti approvato a larga maggioranza – 74 voti favorevoli, 4 contrari e un astenuto – il testo di legge originato da un'iniziativa popolare del Ps (primo firmatario il capogruppo in parlamento Ivo Durisch). In futuro i ministri saranno dunque affiliati all’Istituto di previdenza cantonale – al quale dovranno quindi versare i propri contributi – e non potranno può beneficiare del cosiddetto vitalizio.
Attualmente un ministro che si dimette o che non viene riconfermato, percepisce una pensione (erogata direttamente dallo Stato) tra il 15 e il 60% del salario annuo a dipendenza degli anni di servizio. Questo indipendentemente dall’età anagrafica e finché non guadagna di più di un consigliere di Stato. Il versamento della pensione viene in ogni caso ripreso dopo i 65 anni: il minimo è il 40% più il 3% per ogni anno in carica. Con la riforma, invece, oltre che ad essere affiliati alla cassa pensione cantonale come tutti gli altri dipendenti dello Stato, i membri dell’esecutivo beneficeranno di un’indennità di uscita se dovessero dimettersi o se non venissero più riconfermati prima dei loro 55 anni. Questa liquidazione ammonta “al 25% dell’onorario lordo per ogni anno di permanenza in carica nei primi quattro anni”, precisa il relativo rapporto (firmato all'unanimità) della commissione della Gestione. L’indennità “si riduce al 22,5% ogni anno tra il quinto e l’ottavo in carica e al 20% per ogni ulteriore anno”. Un ex ministro riceverà però al massimo il “270% del salario lordo”. Se invece un ex Consigliere di Stato ha già compiuto 59 anni, la riforma prevede un reddito ponte fino alla pensione. Come per l’indennità d’uscita, anche per questo reddito ponte vengono considerati al massimo 12 anni e potrà ammontare al massimo al 48% dell’onorario lordo annuo. Se la carica di un consigliere di Stato cessa dopo il compimento dei 55 anni, ma prima dei 59 anni, allora l’ex ministro potrà scegliere se beneficiare della liquidazione o del reddito ponte.
Il dibattito andato in scena ieri ha visto l’Mps cercare di convincere, invano, gli altri partiti a bocciare la riforma. Una riforma definita «vergognosa» da Matteo Pronzini, in particolare per il fatto che con la nuova legge i consiglieri di Stato approfitteranno di un «aumento del salario lordo di circa 30mila franchi» e genererà un aumento della spesa dello Stato. Da parte sua Bixio Caprara (Plr) – correlatore del rapporto della Gestione – non ha negato che vi sarà tale aumento, ma dal salario lordo saranno dedotti i contributi a favore dell’Istituto di previdenza cantonale: il salario netto sarà quindi «praticamente uguale» a quello attuale e si aggirerà attorno ai 230mila franchi. Caprara ha inoltre ribadito che un ministro solitamente lascia la propria professione precedente per poter svolgere i suoi compiti in governo. Un carica che deve quindi rimanere «attrattiva». La riforma mira inoltre a salvaguardare l’indipendenza del Consiglio di Stato, facendo sì che i ministri non lascino il loro posto o rimangano in carica solo per «scelte previdenziali». Anche se saranno affiliati alla cassa pensione cantonale, i membri dell’esecutivo godranno ancora di una regolamentazione speciale rispetto agli altri dipendenti dello Stato. Per Caprara questo è anche giustificato dal fatto che il lavoro di un ministro prevede «un coinvolgimento totale, sette giorni su sette, e impegni anche serali». Insomma, la futura legge presenta «regole chiare e trasparenti per una carica che merita la giusta considerazione». Sulla stessa lunghezza d’onda vi erano anche gli altri correlatori che hanno sottolineato come questa riforma sia il frutto di un compromesso: «La sinistra percepisce i ministri come super funzionari e la destra come super manager. L'affiliazione alla cassa pensione accontenta i primi e la buonuscita gli altri», ha sintetizzato Boris Bignasca (Lega). Da parte sua Giorgio Fonio (Ppd) ha sottolineato come la legge attuale sia «obsoleta» ed è quindi arrivato il momento di cambiarla. La riforma mette in particolare «fine al vitalizio». Anche se un Consigliere di Stato ha «una grande responsabilità», Fonio ha ammesso che «alcuni privilegi erano eccessivi». Anna Biscossa (Ps) ha poi rilevato che «abbiamo cercato di ottenere di più, ma in ogni caso quello raggiunto è un ottimo risultato». E questo in particolare perché i salari dei ministri e l’indennità di uscita «non sono fuori misura». L’affiliazione alla cassa pensione cantonale non sarà «un grande incentivo per un ministro», ma la riforma «ha una sua logica» ha sostenuto Paolo Pamini (Udc). Anche se «questa soluzione non risanerà le casse dello Stato». Per Samantha Bourgoin (Verdi), invece, con la nuova legge «si risparmierà a lungo termine».
Infatti secondo Raoul Ghisletta (Ps) si si risparmierà almeno «un milione e mezzo per consigliere di Stato. Pronzini, però, non ne è affatto convinto: l’unico risultato che si otterrà è quello di «aumentare di 30mila franchi il salario di un ministro». Tuttavia, i vari emendamenti dell'Mps sono stati nettamente bocciati dal plenum.