Deputati compatti, tranne sui banchi della Lega (che si astiene). Critiche alla legge e all’attitudine del Cantone. Ma Gobbi non ci sta.
L’adesione non è stata unanime, ma non capita tutti i giorni di vedere un parlamento schierarsi con convinzione al fianco di una giovane migrante. Ora India – e con lei i suoi famigliari – sa che anche questa istituzione del Canton Ticino – espressione dei cittadini – non ha esitato a prendere posizione, sbilanciandosi altresì sulla politica migratoria. Un segnale forte e non scontato, quello rivolto alla Segreteria di Stato della migrazione (Sem), in nome di una giovane apolide africana che da dieci anni è in attesa di una decisione sul suo destino. Il voto sulla risoluzione urgente e interpartitica firmata da Giorgio Fonio, Sabrina Gendotti, Maddalena Ermotti-Lepori del Ppd e da Maristella Polli del Plr, mercoledì, è giunta a notte inoltrata – era già scoccata la mezzanotte –, ma l’ora tarda non ha fatto passare sotto silenzio il momento suggellato da 50 favorevoli e 17 astenuti (sui banchi della Lega dei ticinesi). Certo, la decisione arriva dopo il preavviso favorevole pronunciato dall’Ufficio della migrazione, ma non ha spostato le intenzioni dei proponenti. E ciò, nonostante le richieste rivolte loro nei giorni precedenti affinché ritirassero la risoluzione e la proposta d’ordine avanzata da Boris Bignasca, bollando l’iniziativa come «propagandistica».
Fonio non se ne è curato ed è andato dritto per la sua strada in nome di India, sua mamma Munaja e il fratello maggiore Nur – a rischio di rimpatrio forzato –, riconoscendo «l’ottimo lavoro del Consiglio di Stato e soprattutto del direttore Norman Gobbi». Rinunciare adesso sarebbe stato, ha commentato, un «grande errore». Del resto, ha rilanciato, «spiegatemi come è possibile che un Paese pericoloso per un turista svizzero – l’Etiopia, dove si vorrebbe rinviare India, ndr –, sia privo di pericoli per la giovane apolide africana». Un aspetto non trascurabile a fronte di una vicenda che ha «toccato il cuore di molti ticinesi» e mobilitato personalità, istituzioni (incluso il Municipio di Morbio Inferiore, suo Comune di residenza) e associazioni. E qui, ha rimarcato ancora il deputato Ppd, una «menzione particolare» va alla docente delle Medie, Dania Tropea, «che si è appellata al Gran Consiglio e ha sensibilizzato l’opinione pubblica dopo aver accompagnata la sua allieva dal profilo umano e educativo, coinvolgendo compagne e compagni di classe della ragazza».
Nel motivare l’astensione della Lega, Omar Balli ha archiviato, invece, la questione come superata dagli eventi. D’altro canto, ha annotato, «il Dipartimento delle istituzioni (Di), da tanti criticato, ha reagito prontamente e tempestivamente alla precisa richiesta della famiglia. Non è il parlamento che deve esprimersi su queste tematiche», ha chiosato ricordando che il problema sta nella legge, che fa di tutta l’erba un fascio. In realtà, ha richiamato Roberta Passardi, il nodo è ben altro; perché non vi è solo il ‘caso India’. «Il problema – ha ribadito – sono le altre India, che per ragioni diverse non riescono ad avere un seguito così importante e una presenza sui media così imponente. Non sappiamo, infatti, quante altre India, un po’ nell’indifferenza, vengono espulse dal nostro Paese». Sgomberando poi il campo «da possibili malintesi», ha spiegato che «non si deve essere favorevoli a una politica di apertura indiscriminata agli stranieri – sicuramente chi siede in Gran Consiglio è favorevole a espellere chi non rispetta le legge e non si comporta adeguatamente –; però è ora di dire che negli ultimi anni il nostro Cantone ha applicato la Lasi (la Legge federale sugli stranieri, ndr) in modo restrittivo e a volte in modo particolare».
«Se una persona o un nucleo famigliare mostra di essere sufficientemente integrato e interessato a lavorare e a formarsi e a dare un contributo all’economia cantonale, forse non è il caso di essere più papisti del papa. La politica migratoria in Svizzera lascia un certo margine ai Cantoni: alcuni applicano le leggi in modo più restrittivo di altri. Sottili differenze che possono avere gravi conseguenze». E il Ticino? «Ebbene – chiarisce la deputata Plr – rischia che per limitare, giustamente, la presenza sul proprio territorio degli stranieri che delinquono, applichi in modo esageratamente restrittivo le norme federali». Dimenticando che in Svizzera oltre 1 abitante su 4 non è nato su suolo elvetico, «un valore da record nel rapporto europeo». Non la pensa diversamente Anna Biscossa (Ps), convinta che «in Ticino l’ascolto e l’applicazione delle norme a favore di queste persone – come India, ndr – sia da ridiscutere e riconsiderare». E questo a vantaggio di una interpretazione «che sappia rispettare i principi di umanità, solidarietà e vicinanza», ha motivato evocando «quella generosità e umanità che è della nostra storia e della nostra cultura». Per contro, si è aggiunto Nicola Schönenberger (Verdi), «un Paese il cui sistema giuridico e amministrativo porta a situazioni del genere non ha nulla a che vedere con la tradizione umanitaria di cui anche la Sem parla nel proprio sito web, ma è del tutto disumano».
Tutte ‘accuse’ che il direttore del Di Norman Gobbi ha, di fatto, rispedito al mittente, chiarendo altresì ruoli e competenze. «Restare in Ticino per un lungo periodo, in virtù dell’effetto sospensivo dei vari iter ricorsuali – ha poi scandito –, non conferisce a priori un diritto a ottenere un permesso. Infatti, il tempo trascorso non è un motivo sufficiente per annullare le decisioni e le sentenze negative emanate dalle autorità. Leggi e giurisprudenza che siamo chiamati ad applicare, nel bene come nel male». Quanto ai casi, diversi, «ottengono comunque ascolto». Mentre le statistiche «vanno prese con le pinze». Insomma, ha insistito, «l’approccio è quello di applicare leggi, regolamenti e giurisprudenza sia per l’autorità cantonale che federale. Dire che siamo restrittivi, quando il Canton Ticino è il quinto in assoluto per percentuali di stranieri residenti dietro Ginevra, Basilea Città, Vaud e Zugo e davanti a Zurigo, forse richiederebbe un po’ di moderazione». Gobbi non ha mancato infine, di ‘ammonire’ il parlamento: «Non so che effetto potrà avere questo appello, il rischio che correte, però, è quello di politicizzare i casi, e di caricarvi di un compito che non è vostro e nemmeno del Consiglio di Stato, bensì dell’amministrazione».