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A Besso un parco per combattere lo stigma sociale

Dietro la stazione è in corso un progetto pilota: un centro di socializzazione per utenti Ingrado, ma anche luogo pubblico per tutti. Una prima in Ticino

Sarah Scarmignan, educatrice attiva nel progetto
(Ti-Press)
24 giugno 2024
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Contrastare l’emarginazione sociale. Questo l’obiettivo principale del centro di socializzazione aperto da Ingrado in collaborazione con la Città di Lugano a Besso, lì dove c’era il parcheggio ex Pestalozzi dietro alla Stazione Ffs. Un progetto pilota che durerà fino alla fine di settembre, con al centro gli utenti di Ingrado. Una prima in Ticino. Ne abbiamo parlato con il vicedirettore dell’ente, Marcello Cartolano.

Ma prima, un passo indietro. Due anni fa la Città inaugura il parco in questione, un po’ come ‘compensazione’ dei Giardinetti di Besso scomparsi per far posto al cantiere alla stazione. Un nuovo spazio verde in un’area densamente abitata e trafficata, ma temporaneo in attesa dell’ancora più grande cantiere della Rete tram-treno del Luganese. Dotato di sdraio, sedie, tavoli, ombrelloni, griglie per il barbecue, amache, fontane d’acqua: tutto il necessario per qualche ora di relax. Accompagna il tutto una casetta di legno da utilizzare come chiosco e quindi dove poter acquistare bevande, gelati e altri prodotti confezionati, lasciata a disposizione delle associazioni locali. Tuttavia, queste ultime ne usufruiscono poco e il chiosco giace perlopiù inutilizzato.

Coinvolti anche degli educatori

«In questo contesto – spiega Cartolano –, Ingrado sta da tempo portando avanti una serie di progetti e di approcci che hanno come obiettivo quello di dar vita a dei luoghi di socializzazione diversi. Contesti rivolti spesso a giovani adulti, ma non solo: anche situazioni legate all’emarginazione o al consumo di sostanze. Eravamo alla ricerca di un luogo dove poter attivare queste persone fornendo loro delle attività di occupazione del tempo da un lato, ma anche di riattivazione delle proprie qualità nonché di restituzione della dignità dall’altro». E quindi l’idea: «Ci siamo rivolti alla Città per sfruttare questi 1’150 metri quadrati di parco attrezzato». E quindi l’accordo: L’intera area è gestita da Ingrado, con apertura dal martedì al venerdì dalle 11 alle 18 e il sabato fino alle 18.30, per quanto riguarda le attrezzature, mentre il parco in sé è accessibile sempre e ben illuminato. «I nostri utenti (prevalentemente giovani adulti che sono stati o sono tuttora confrontati con problematiche di consumo di sostanze, ndr) quindi si occupano sia della vendita delle bibite, dei gelati e degli altri prodotti acquistabili al chiosco, come anche della manutenzione del parco in collaborazione con i servizi cittadini, mettendo a disposizione sdraio, ombrelloni e tutto il necessario per i fruitori». Gli utenti di Ingrado non sono soli. «Nella gestione sono coinvolti anche due educatori, dunque dei professionisti, che coordinano le persone che si mettono a disposizione per il progetto, a loro volta formate per gestire in modo appropriato questi spazi».

‘Restituire dignità coinvolgendo le persone nella cosa pubblica’

Il progetto è stato avviato già da circa due mesi e sinora sono stati coinvolti una dozzina di utenti di Ingrado. Meno del potenziale previsto, anche a causa della tanta pioggia. Qual è il riscontro dei passanti e dei fruitori del parco pubblico? «Sinora abbiamo registrato entusiasmo, talvolta meraviglia, in generale molto interesse». Non scontato, considerato anche il passato del quartiere. «È vero, capisco che per alcuni possa essere delicato, parliamo di persone che possono essere afflitte da un consumo attivo di sostanze. Ma ricordiamoci che si tratta di un contesto protetto, affiancato, che diventa anche un momento terapeutico. Restituire dignità coinvolgendo le persone a occuparsi della cosa pubblica, forse è la terapia migliore che possa esserci per avviare dei processi di integrazione costruttiva» osserva Cartolano. Tra gli obiettivi del progetto vi è infatti anche favorire la capacità di adattamento al lavoro: «È possibile costruire anche dei percorsi personalizzati finalizzati a un successivo progetto di inserimento professionale».

Realtà che nel resto della Svizzera esistono da anni

«Inserire in quest’ambito pubblico delle situazioni di disagio in un contesto protetto e di sostegno dandogli dignità nella gestione di questi luoghi, è un messaggio sociale importante. Vuol dire valorizzare delle dinamiche positive e delle persone che spesso sono vittime di stigma». Si tratta di un progetto pilota. E poi? «Al termine valuteremo se questo genere di iniziative che hanno per scopo la socializzazione e l’integrazione, in collaborazione fra Ingrado ed ente pubblico, sia qualcosa che può funzionare e che possa essere ripetuto. Va detto che nella Svizzera tedesca e in Romandia esistono da anni. A Berna, addirittura, esistono dei bistrot gestiti da persone con problematiche di consumo affiancate da operatori sociali. In Ticino invece non esiste nulla gestito da persone con problematiche di consumo attivo: è una prima». I costi del progetto sono a carico della Fondazione, che per la valutazione si affiderà anche a un ente esterno: «Abbiamo chiesto a un’agenzia di valutazione di accompagnarci per misurarne l’impatto sociale e la validità. Se il modello dovesse rivelarsi funzionante, si porrebbe la questione della continuità. Non necessariamente lì. Un’ipotesi potrebbe essere spostare il chioschetto al parco Lucerna. Oppure in altri posti. Sarebbero considerazioni da fare più in là».

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