È quanto affermano i tre curatori fallimentari in un comunicato stampa. Vi sarebbero ragioni di carattere giuridico prima ancora che di carattere economico.
Con le attuali normative è impossibile riaprire il Casinò di Campione d'Italia, la cui società di gestione è stata dichiarata fallita la scorsa settimana, nemmeno facendo ricorso all'esercizio provvisorio. È quanto affermano i tre curatori fallimentari in un comunicato stampa. «Pur nella consapevolezza delle gravi ripercussioni sulla intera comunità del comune di Campione d'Italia – si legge nella nota firmata da Elisabetta Brugnoni, Sandro Litigio e Giulia Pusterla – i curatori del fallimento Casinò di Campione Spa rendono noto che ragioni di carattere giuridico, prima ancora che di carattere economico, evidenziano l'impossibilità per la procedura di avviare l'esercizio provvisorio. Ed infatti la convenzione per la gestione della casa da gioco di Campione d'Italia del 2014, stipulata tra il Casinò di Campione Spa ed il comune di Campione d'Italia, che ha concesso la gestione della casa da gioco alla società oggi fallita, prevede la decadenza dalla gestione stessa in seguito al fallimento della società (ma ancor prima, ad un attento esame della medesima convenzione, in seguito alla richiesta di concordato preventivo dello scorso marzo 2018)». «Cessato il rapporto, sempre in base alla convenzione, la società è tenuta alla immediata riconsegna dei beni mobili e immobili al Comune - viene spiegato nel comunicato -. Ne consegue quindi che gli organi della procedura non sono legittimati a disporre o richiedere l'esercizio provvisorio non avendo più la disponibilità dell'azienda».
"Prima ancora, tuttavia, si evidenzia - proseguono i curatori - che il gioco d'azzardo è vietato dalla legge ed è riconosciuto solo in favore di particolari soggetti, in virtù di precise disposizioni normative. Per la gestione del casinò di Campione d'Italia, infatti, il decreto legge 174/2012 aveva autorizzato la costituzione di un'apposita società integralmente partecipata dal Comune, sottoposta alla vigilanza dei Ministeri dell'interno e dell'economia, cioè la società oggi fallita. Pertanto in base alle leggi vigenti, da un lato solo il Comune di Campione d'Italia può partecipare al capitale della società che gestisce la casa da gioco, dall'altro non può più esercitare l'attività per effetto della procedura concorsuale della partecipata. Va inoltre considerato che la legge Madia del 2016 vieta alle pubbliche amministrazioni, nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico, di costituire nuove società o di acquisire o mantenere partecipazioni in società che gestiscono i medesimi servizi della società fallita".
"È evidente quindi - concludono - che la ripresa dell'attività non dipende in alcun modo dagli organi della procedura fallimentare che, alla luce dell'ordinamento vigente, non sono legittimati all'esercizio del gioco d'azzardo".