Uscito per Salvioni Edizioni ‘Valparaíso, un porto ferito’, la seconda raccolta di scritti del regista teatrale e attore Miguel Ángel Cienfuegos
«Non sono uno scrittore e non lo dico per sembrare modesto: ho troppa stima del mestiere di scrittore, che appunto non è il mio. Io sono uno che racconta; lo faccio in questo libro come lo potrei fare oralmente in teatro o in ambito privato, cosa che in effetti è successa con amici e conoscenti. Ricordo una cosa molto bella e anche molto onesta che aveva detto il clown Dimitri: “Io non sono un pittore; sono un clown che dipinge”. La stessa cosa vale per me come attore e regista teatrale che si è cimentato nella scrittura».
Eppure allo scrittore “vero” ha poco da invidiare, Miguel Ángel Cienfuegos: sensibilità e respiro, capacità descrittive, leggerezza di spirito e insieme spessore culturale. Che in “Valparaíso, un porto ferito” – raccolta di racconti sulla resilienza cilena appena uscita da Salvioni Edizioni – sono il pavimento adatto su cui l’autore muove passi di memoria e di sentimento che ricalcano quelli già compiuti per “11 racconti di un esilio periferico”, la raccolta precedente, pubblicata, sempre da Salvioni, per ricordare i 50 anni dal colpo di Stato nel suo Cile.
Di resilienza parla dunque Cienfuegos interpretando quella capacità di reagire di fronte ad avversità e disgrazie. C’è tanto fuoco, nella pubblicazione: quello degli incendi che senza soluzione di continuità condannano Valparaíso e i suoi abitanti a sopportare, intervenire (con fatica) e ricostruire. Ma anche terremoti, inondazioni, tsunami e, all’altro estremo, minuti drammi individuali che segnano anch’essi le esistenze.
È tuttavia prevedibile, conoscendo l’autore, che nella raccolta scorra anche un’abbondante vena umoristica; esercizio, questo, con cui Cienfuegos, anche come autore di teatro e attore, ha sempre saputo distinguersi. Ecco allora l’incredibile fuga di un giovane Miguel dai tori di Arles, il lancio del ghiaccio di zia Yolanda per spegnere un innocuo incendio casalingo, oppure ancora la tragicomica confusione fra Svizzera e Svezia di un esponente del Comitato di difesa della rivoluzione cubano durante una tournée all’Avana della Compagnia Teatro Paravento nel 1992, per il 500° dall’inizio della conquista spagnola delle Americhe.
Tornare a scrivere di sé, partendo dal Cile, è la risposta a quella che Cienfuegos definisce «la necessità di esprimermi su quell’altrove che è il mio Paese d’origine. Credo sia un’esigenza condivisa da generazioni di immigrati in Svizzera, anche per superare e far superare un certo eurocentrismo che in effetti esiste».
Rispetto alla precedente, fortunata pubblicazione, aggiunge l’autore, «con questo “Valparaíso, un porto ferito”, ritrovo la stessa spinta di un Paese che soffre e che io guardo da lontano. Scrivo anche, appunto, di disastri naturali. Indagando sulle cause, sulle difficoltà a intervenire, sull’approccio della gente rispetto a queste situazioni ricorrenti, mi sono ritrovato a riflettere sul tema, interessantissimo, della resilienza del popolo cileno, che è un popolo pieno di risorse, ma nello stesso tempo anche abbandonato a sé stesso da una iniqua redistribuzione della ricchezza, che finisce nelle tasche di pochi».
È chiaro, aggiunge l’autore, «non succede solo in Cile. Ma quei posti li conosco perché ci ho vissuto, e da lì nasce ovviamente il mio coinvolgimento emotivo, la mia identificazione. Credo che in qualche modo i moti pre-rivoluzionari dell’ottobre del 2019 abbiano aperto la scatola dei miei ricordi, alimentata dalle numerosissime pubblicazioni uscite in questi anni, anche ricordando appunto il colpo di Stato di Pinochet nel ’73».
Così la “breve guida alla resilienza cilena” assume i contorni dell’autobiografia, cesellata da lontano sotto la lente di un recente viaggio a casa, certamente capace di smuovere antiche sensazioni.
“Valparaíso, un porto ferito”, disponibile nelle librerie ticinesi, sarà presentato dall’autore (in dialogo con chi scrive questo articolo) sabato prossimo, 7 dicembre, dalle 17 al Teatro Paravento di Locarno. Entrata libera, come l’aperitivo che seguirà.