Locarnese

La Ssic: sarà un voto a favore delle ditte locali

Presa di posizione sul referendum per il finanziamento suppletorio del Porto del Gambarogno

La zona dove sorgerà la struttura (Ti-Press)
11 marzo 2019
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Il prossimo 7 aprile, gli abitanti del comune di Gambarogno saranno chiamati alle urne per esprimersi sul referendum contro il credito aggiuntivo per la costruzione del Porto regionale al Sass di Sciatt. La decisione in merito al credito suppletorio recentemente concesso dal Consiglio comunale (legislativo che peraltro aveva approvato il progetto già nel 2013) non determinerà la realizzazione del Porto in quanto tale e neppure la sua ubicazione, ma soltanto la parte di credito mancante per compensare gli oneri di rincaro. Maggiori oneri derivanti dal finto fondale. Un’opera che, nelle intenzioni del Municipio, verrà affidata a ditte locali.
Sulla questione interviene la Società svizzera impresari costruttori (Ssic) Sezione Ticino, in qualità di Associazione di categoria: “Se il credito venisse negato, per realizzare il porto bisognerebbe far capo a ditte estere – si legge in una presa di posizione della stessa Ssic –. Se pensiamo alle opere da impresario costruttore relative al molo frangiflutti, la differenza d'investimento sarebbe quantificabile in circa 600mila franchi a fronte di un investimento totale di 4,6 milioni. Differenza più che giustificata per gli indotti che avrebbe sull’economia ticinese. Siamo certi di non sbagliare dicendo che tale situazione è principalmente riconducibile all’enorme differenza tra i salari svizzeri e quelli italiani. Noi lottiamo perché nella busta paga degli operai impiegati dalle nostre imprese possano essere versati 4’500/5'000 franchi mensili. Le opere prefabbricate che nel caso di delibera a un’impresa italiana verranno realizzate all’estero, sono parecchie in questo progetto ed è fin troppo facile essere concorrenziali potendo contare su salari orari che non raggiungono neppure la metà dei 30 franchi all’ora (ai quali noi aggiungiamo pure gli oneri sociali) che le imprese di costruzione svizzere sono costrette a corrispondere ai propri dipendenti in virtù dei minimi salariali imposti dal nostro Contratto nazionale mantello di obbligatorietà generale”. C’’è poi tutto il discorso dell’indotto economico correlato a tali investimenti: “Le ditte che lavorano garantiscono occupazione in Ticino, pagano le imposte, fanno capo ai fornitori locali, offrono garanzie di buona esecuzione e reperibilità a lavori ultimati. In caso di delibera dei lavori per la realizzazione dei frangiflutti a un’impresa italiana l’indotto per l’economia locale sarebbe prossimo a zero. Nel caso di una delibera dei lavori a una ditta ticinese, i 4,6 milioni sarebbero spesi nella remunerazione salariale di una dozzina di operai per la durata di un anno e nell’acquisto esclusivamente in Svizzera di materiali di prestazioni terzi”.
La travagliata storia del Porto di Gambarogno – stando alla Ssic – non merita certo di concludersi con la realizzazione di questa importante infrastruttura (sicuramente produttiva a medio termine anche dal profilo economico) per mano di ditte estere. “La politica, le associazioni economiche e crediamo anche la popolazione, griderebbe allo scandalo. Non basta votare "Prima i nostri" o "Salviamo il lavoro in Ticino" per sostenere l’economia e l’occupazione cantonale. Bisogna essere coerenti nelle scelte e nelle azioni anche quando, almeno a prima vista, si intravvede un certo risparmio finanziario. Per questi motivi, ci sembrava corretto rendere attenta la popolazione del Comune di Gambarogno sull'importanza di concedere il credito suppletorio in un’ottica di rispetto della realtà imprenditoriale locale, formata da ditte serie e in grado di conferire rappresentatività alla coscienza sociale dell’imprenditore, fatta d’impegno formativo per le future generazioni (apprendisti), sensibilità sociale verso i propri collaboratori e il nostro territorio, oltre che della volontà di tramandare competenza, esperienza e tradizione edificatoria”.