Gli iniziali 3 milioni per trasformarla in casa montana sono saliti a 4,8. Investimento ‘eccessivamente oneroso rispetto all’effettiva fruibilità’
Quando un dono diventa un’eredità che infine si trasforma in una zavorra non sopportabile dal profilo finanziario. È quanto sta succedendo con la Chiè d’Lena di Dalpe, casa protetta settecentesca che il Comune leventinese aveva donato agli ex Comuni di Giubiasco e Sementina poco prima di aggregazione e nascita della nuova Bellinzona. Il passaggio di proprietà era stato accordato a condizione che i due Comuni bellinzonesi portassero avanti il progetto di ristrutturazione e destinazione a casa montana per scuole e associazioni, così come inizialmente abbozzato insieme a Dalpe che prevedeva un investimento di circa 3 milioni di franchi. Il progetto è quindi traslato non solo negli uffici della nuova Città ma anche nei suoi bilanci, suscitando col passare del tempo più di una preoccupazione. Nel marzo 2021 era stato l’allora consigliere comunale Luigi Calanca a chiederne l’abbandono evidenziando che l’investimento previsto aveva in quel momento già superato i 4,4 milioni.
Non sia mai, aveva risposto tre mesi dopo il Municipio della capitale evidenziando la seria volontà di portare avanti recupero e trasformazione avendo peraltro fino ad allora speso 150mila franchi in progettazione. Quanto alla destinazione come scuola montana, “considerando il numero di allievi e di sezioni dell’istituto scolastico, la possibilità di avere a disposizione una struttura supplementare fuori sede faciliterà il compito alle direzioni scolastiche nella ricerca delle sedi e di rotazione delle classi nelle diverse strutture. A maggior ragione essendo una struttura supplementare di proprietà della Città, che non dovrà dunque preoccuparsi di prenotarla con largo anticipo, come avviene oggi con le altre strutture di terzi”. Si tratterà insomma, concludeva nel giugno 2021 il Municipio, di “una possibilità in più che non pregiudicherà l’utilizzo di altre strutture”.
Ma oggi è proprio Luigi Calanca a prendersi una piccola rivincita, perché rispondendo a un’altra interrogazione, questa volta del liberale-radicale Fabio Briccola, il Municipio spiega di “non intravvedere a medio termine la possibilità di riattazione e utilizzo in proprio della struttura”. Motivo: “L’onere, importante, dell’investimento raffrontato alla capacità ricettiva, limitata, della struttura” che “potrebbe ospitare contemporaneamente solo due classi”. Ciò che renderebbe l’investimento “eccessivamente oneroso rispetto all’effettiva fruibilità”. Viste le condizioni cui era subordinata la donazione, la Città ha quindi chiesto al Municipio di Dalpe di “valutare possibili nuove destinazioni”. L’esecutivo dettaglia poi che il preventivo di spesa indicato nel 2014 dai Comuni di Giubiasco e Sementina ammontava a 3,24 milioni (+/- 20%). Lo sviluppo del progetto e il conseguente aggiornamento e precisazione del preventivo (+/- 10%) hanno portato il costo dell'opera a 4,785 milioni. Per quanto riguarda la gestione dello stabile non sono stati allestiti business plan in attesa di conoscere la destinazione finale dello stesso.
E visto che abbiamo citato Luigi Calanca, già vicesindaco di Claro, vale la pena ricordare che anche questo ex Comune aveva acquistato nei suoi ultimi anni di vita l’ex Casaforte dei Magoria, un quasi rudere risalente al XIV secolo, ormai in stato di abbandono, che attende di essere recuperato e valorizzato. «Edificio protetto sul piano cantonale che la Città di Bellinzona – ci spiega il municipale Henrik Bang, capodicastero Opere pubbliche – ha in effetti sui propri radar, senza però considerarlo una priorità». Le ultime notizie risalgono al 2019, cinque anni fa, quando si era costituito un gruppo di lavoro formato dalla locale associazione di quartiere Claro Viva, da un municipale e altri rappresentanti di settori della Città, dall’Ufficio cantonale dei beni culturali, dall’Organizzazione turistica regionale, dal museo Villa dei Cedri e dall’associazione Via della Pietra. C’erano stati dei sopralluoghi, mentre a suo tempo il Municipio di Claro aveva ipotizzato un restauro pari a 2,5-3 milioni di franchi.