Il dibattito è ripartito con il progetto (non definitivo) ‘Polizia Ticinese’ del gruppo di lavoro nominato a suo tempo dal governo. Ma chiarezza s’impone
Forse sì, a questo punto servirebbe un verdetto dei cittadini sul futuro del dispositivo di sicurezza pubblica in Ticino: polizia unica? Statu quo? Una nuova ripartizione dei compiti fra Polizia cantonale e polizie comunali? Perché adesso è una cacofonia di tenori stonati, per citare le parole che nel maggio del 1995 l’allora consigliere di Stato Alex Pedrazzini, scomparso tre anni fa, pronunciò a Locarno al Congresso dei giovani Ppd per descrivere il clima che si respirava in governo (perlomeno all’epoca nell’Esecutivo c’erano dei tenori…). Il responso delle urne farebbe chiarezza e indicherebbe alla politica la strada da seguire.
Il dibattito è ripartito in seguito alla pubblicazione di “Polizia ticinese”, un “progetto di miglioramento della collaborazione tra Polizia cantonale e polizie comunali”, come si legge nel rapporto messo a punto dal gruppo di lavoro designato a suo tempo dal Consiglio di Stato. Gruppo formato da rappresentanti del Cantone e dei Comuni e presieduto dal segretario generale del Dipartimento istituzioni Luca Filippini. Un parto lungo, travagliato. Seppur non definitivo, il progetto ha già sollevato la contrarietà dei Comuni del Luganese. Questi ultimi, sta scritto nel recente comunicato della Conferenza regionale consultiva sulla sicurezza della Regione III, “hanno condiviso la constatazione che l’attuale impostazione organizzativa e di governance delle Polcom funziona sostanzialmente bene e non ravvedono, né d’altronde sono stati presentati dal Cantone, elementi concreti, seri e diffusi, che possano giustificare un cambiamento così radicale nella struttura delle polizie comunali”. Rincara la nota stampa: “Il ‘Progetto Polizia Ticinese’, così come è stato presentato, prevede infatti un cambiamento radicale dell’organizzazione e delle geometrie delle polizie comunali, con un ritorno al passato incomprensibile, che vanificherebbe gli sforzi e gli investimenti fatti in questi anni dai Comuni”. Governance, geometrie… concetti comunque di ardua comprensione per la stragrande maggioranza dei cittadini, che soprattutto confida, in caso di necessità, nell’intervento tempestivo delle forze dell’ordine, indipendentemente dal fatto che gli agenti siano della Cantonale o della polizia comunale. Peraltro anche il documento del team diretto da Filippini richiede, se non si è esperti di enti locali o in generale di pubblica amministrazione, più letture per cercare di capirne appieno contenuti e obiettivi. Come se non bastasse, l’ex deputato liberale radicale e già ufficiale della Cantonale Giorgio Galusero è tornato a rilanciare l’idea di realizzare un solo corpo di polizia.
Il quadro è piuttosto confuso. Una cacofonia di tenori stonati. I fautori della polizia unica vadano allora sino in fondo: lancino un’iniziativa popolare. I sostenitori del mantenimento delle polizie comunali potrebbero opporre quale controprogetto la proposta ‘Polizia ticinese’. Ieri nella riunione della ‘Piattaforma di dialogo Cantone-Comuni’ il Dipartimento istituzioni ha fatto sapere che “entro il mese di febbraio 2025” il gruppo di lavoro “terminerà i propri lavori”. Attendiamo con trepidazione. Ma l’auspicio è che alla fine siano i cittadini a decidere, preliminarmente informati su costi e benefici dell’uno e dell’altro scenario. Del resto non si può chiedere, continuare a chiedere ai Comuni di investire nella sicurezza locale (mezzi, infrastrutture e personale) per adeguarsi a norme cantonali – come la Legge sulla collaborazione fra la Polcantonale e le polcomunali, entrata in vigore nel 2012 – e nel volgere di pochi anni di rinunciare a determinate prerogative. Chiarezza dunque s’impone.