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Il giorno in cui Neeskens giocò nel Maggia

Nel 1988, per festeggiare il 30° di fondazione, al club riuscì un vero colpaccio: ingaggiare, con la star scomparsa di recente, anche Krol, Rep e Anastasi

In sintesi:
  • Pare impossibile, specie al giorno d'oggi, immaginare che una club di Terza Lega possa coinvolgere nei propri festeggiamenti – e a scendere in campo – star di assoluto livello mondiale
  • I valmaggesi, invece, 36 anni fa ci riuscirono, e tutta la valle scoprì la cordialità e la simpatia di alcuni fra i più grandi giocatori della Grande Olanda degli anni Settanta, quella che rivoluzionò il modo di giocare a calcio
18 ottobre 2024
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«Neeskens l’avevo conosciuto nel 1986, grazie al compianto Giorgio Maffei, che a quei tempi era un nostro giocatore e la cui compagna era molto amica della moglie della star olandese, che veniva dal Canton Zugo». Parole di Gabriele Maccarinelli, che quarant’anni fa (dal 1978 al 1990) era presidente del Maggia. «Neeskens dunque veniva spesso in Ticino, e così, quando nel 1988 si trattava di festeggiare in modo speciale il 30° di fondazione del nostro sodalizio, mi venne l’idea di organizzare una partita contro il Locarno in cui noi saremmo stati rinforzati da un fuoriclasse di livello mondiale, e dunque glielo proposi, chiedendogli magari di coinvolgere nell’iniziativa qualche altro suo ex compagno».

Così, semplicemente. Come se oggi i dirigenti di una squadra di Terza Lega invitassero per una partitella un giocatore del calibro di Modric, Iniesta o Kroos. Johan Neeskens – scomparso solo una decina di giorni fa – della sua generazione di calciatori fu infatti uno dei migliori 5 o 6 del pianeta. Stella dell’Ajax che vinse 3 Coppe dei campioni di fila e che col calcio totale rivoluzionò il modo di giocare a pallone, formava con Johan Cruijff la miglior coppia di giocatori degli anni Settanta, capace fra l’altro di guidare la Nazionale olandese a ben due finali mondiali consecutive – nel 1974 in Germania Ovest e nel 1978 in Argentina – da cui i Tulipani uscirono entrambe le volte sconfitti dalle Nazionali dei Paesi organizzatori. E a Monaco, fra l’altro, Neeskens segnò su rigore la rete nell’atto conclusivo degli Oranje. Un autentico fuoriclasse, dunque, non c’è altro modo per definirlo.

«E così – continua Maccarinelli – dopo un paio di settimane ricevo una chiamata. Era Neeskens che mi informava che sarebbe arrivato con Ruud Krol e Johnny Rep, cioè altre due stelle di valore assoluto. Mi pareva incredibile! Senza dimenticare che, tramite un mio contatto alla Gazzetta dello Sport, ero riuscito a convincere ad accettare l’invito anche Anastasi, che abitava a Varese». Si riferisce a Pietruzzo – detto Petro u Turco –, per quasi un decennio centravanti della Nazionale italiana, della Juventus e dell’Inter, che qualche anno prima aveva chiuso la carriera nelle file del Lugano, con 10 gol in 14 partite.

Falcão e Cruijff dovettero declinare l’invito

«E il colpaccio avrebbe potuto essere ancor più clamoroso, perché avevo ricevuto l’assenso anche da parte di Paulo Roberto Falcão». In questo caso parliamo invece del perno del centrocampo del Brasile stellare del 1982 e della Roma scudettata l’anno seguente, guidata da Nils Liedholm. «Falcão mi disse che l’invito cascava a fagiolo: si sarebbe fermato da noi sulla strada per Monaco di Baviera, dove doveva recarsi per affari proprio in quei giorni. Poi però, purtroppo, i suoi piani cambiarono e alla fine non poté raggiungerci».

«In realtà ci fu un’altra defezione eccellente». Stavolta a spiegare è Fabio Chiappa, che di quel Maggia era giocatore-allenatore. «Rischiammo infatti di avere con noi nientemeno che Cruijff: Neeskens gli aveva detto di unirsi al gruppo, ma lui – che all’inizio non aveva escluso la cosa – alla fine fu trattenuto da altri impegni. Avessimo avuto anche Falcão e Cruijff, avremmo dovuto costruire apposta una tribuna gigante! Ho ricordi ancora vividi di quella partita, fu davvero un momento emozionante. Si trattava di giocatori leggendari. Per quelli della mia generazione – io oggi ho 70 anni – erano autentici miti. Alloggiavano al Motel Losone, un posto molto bello. Andammo a pranzo tutti insieme. E tutti loro – ma soprattutto Neeskens – erano tipi davvero alla mano, molto empatici. Nessuno se la tirava». Chissà – si chiede scettico il cronista – se dei campioni di oggi si potrebbe dire altrettanto.

«Per noi – continua Chiappa – fu davvero una magnifica esperienza. Era presente anche un giornalista, credo dell’Eco di Locarno, che scattò alcune foto. La didascalia di quella che poi finì in pagina, che mi ritraeva con quei campioni, diceva: «L’allenatore Fabio Chiappa dà indicazioni tattiche ai giocatori». La cosa mi fece ridere, oltre che imbarazzare, dato che a quei tempi ero soltanto un allenatore-giocatore di Terza Lega élite. Eravamo però una bella squadra, con noi giocava anche uno dei figli del leggendario Garrincha. Io feci il gol della bandiera nel 5-1 con cui il Locarno – malgrado i nostri rinforzi – ci sconfisse». Le bianche casacche, del resto, quell’anno avrebbero chiuso al secondo posto il campionato di Lega nazionale B.

«Io avevo giocato fino in B, e dunque ero un po’ più bravo dei miei compagni del Maggia», rammenta l’ex tecnico. «Ma non, ovviamente, dei fuoriclasse olandesi: e infatti Krol in partita ogni tanto mi ‘insaccava’, dicendomi che dovevo giocare prima il pallone. Evidentemente, per i suoi standard io ero piuttosto scarso».

Pochi anni più tardi, quando divenne tecnico del Locarno, Chiappa ebbe comunque a che fare con altri giocatori di livello assoluto… «Vero, ebbi l’onore di allenare ad esempio El Beto Barbas (centrocampista ex Racing che aveva giocato i Mondiali con la maglia dell’Argentina, ndr) e il nazionale rumeno Adrian Popescu».

«Di quel 20 settembre 1988 ricordo soprattutto la bellissima cornice di pubblico», riprende Maccarinelli, che fece un po’ lo stesso percorso di Chiappa, dato che anni dopo divenne presidente del Locarno. «C’erano sicuramente più di mille spettatori. Faceva un certo effetto vedere quei mostri sacri – che avevano giocato negli stadi più prestigiosi del mondo – muoversi sul nostro campetto alla Pineta».

Un’umiltà e una disponibilità – quella mostrata dalle star olandesi – che davvero stupirono i valmaggesi, che temevano di trovarsi davanti gente un po’ schizzinosa. «Invece erano molto alla mano, compreso Anastasi», spiega l’ex coach. «Ricordo un’atmosfera davvero conviviale. Io 34 o 35 anni, e loro 3 o 4 più di me. Parlammo a lungo, e saltarono fuori parecchi aneddoti curiosi e divertenti».

Ruud e il malocchio

«Krol (dopo una carriera nell’Ajax e una breve esperienza a Vancouver, ndr) nel 1980 era stato ingaggiato dal Napoli, dove trovò un mondo del tutto nuovo e una mentalità assai diversa dalla sua. E lui ci raccontò che, siccome a inizio stagione i risultati non arrivavano, qualcuno iniziò a dire che la colpa era del malocchio. E lui, da olandese, ovviamente non sapeva di cosa si trattasse. Fatto sta che i dirigenti ritennero necessario un intervento urgente. E così tutta la squadra andò a trovare un tizio che, si diceva, fosse in grado di eliminare questo malocchio. I giocatori, uno per volta, entrarono in una stanza e vennero fatti sedere. E il tizio – raccontò Krol – si presentò con delle forbici enormi, che mise sulla testa dell’olandese, il quale – tenendo molto ai suoi lunghi capelli – si spaventò di brutto. Poi, per fortuna, la sforbiciata che ne seguì fu fatta a qualche centimetro di distanza, fu insomma soltanto una simulazione. Sta di fatto che, da lì in poi, la sfortuna sparì e la squadra iniziò a vincere (e infatti alla fine della stagione chiuse il campionato al terzo posto, ndr)».

«Rep e Neeskens si fermarono al Motel Losone per due o tre giorni», ricorda l’ex dirigente, «mentre Krol – in compagnia della fidanzata – si innamorò talmente della nostra regione che, dopo una settimana, non era ancora ripartito! In quei giorni ci vedemmo diverse volte, a pranzo o a cena».

Sfogliando il classeur in cui sono custoditi ritagli e foto dell’epoca, il pensiero di Maccarinelli va alla recente scomparsa di Neeskens: «Pensavo a lui proprio pochi giorni prima che morisse improvvisamente. E mi chiedevo se magari l’estate prossima l’avrei rivisto. Ogni tanto, infatti, tornava qua per fare qualche giorno di vacanza. Fra l’altro, quando divenni presidente del Locarno, avevo tentato di ingaggiarlo come allenatore, ma purtroppo non se ne fece nulla, perché aveva appena ricevuto un’altra offerta (stava per entrare nello staff della Nazionale olandese, come assistente dapprima di Gus Hiddink e poi di Frank Rijkaard, ndr). Sono davvero dispiaciuto per la sua scomparsa, come per quella di Anastasi, andatosene qualche anno fa. Da gente che ha raggiunto l’estremo successo, ti potresti aspettare che abbia magari un atteggiamento sprezzante, o che abbia un po’ di puzza sotto il naso. Invece, erano tutti personaggi incredibilmente disponibili. Con Anastasi, ad esempio, continuammo a vederci anche negli anni seguenti. Veniva qui a trovarmi, oppure andavo io da lui a Varese, e ogni volta uscivamo insieme a cena».

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