Frenata l’emorragia d’insuccessi, l’Ambrì guarda con fiducia a una massacrante settimana. Pestoni: ‘Per noi giocatori, più si gioca e meglio è’
Ambrì – Si scrive vittoria, si legge sollievo. Dopo sei sconfitte filate, una più preoccupante dell’altra. «È stata quasi una liberazione» sospira Inti Pestoni. «Attorno a noi l’aria s’era fatta pesante – aggiunge –. Io non sono uno che segue troppo ciò che si dice in giro, ma il Ticino è piccolo, e il rumore, naturalmente, si sente. Anche se ne avevamo discusso all’interno dello spogliatoio, tra giocatori e con lo staff, e secondo noi la situazione era meno grave di come veniva dipinta all’esterno. Perché alla fine ce la giochiamo, siamo lì lì per farcela quasi a ogni partita, e sono convinto che giocando in quello stesso modo, se invece di perderle tutte e sei, cinque di quelle partite le avessimo vinte, nessuno avrebbe detto niente. In ogni caso sono sollevato, perché credo che questa vittoria ci permetterà di rasserenare un po’ l’ambiente, e ci può solo far bene».
Si può dire che la sconfitta di venerdì nel derby abbia inciso ancora di più sulla vostra situazione? «Perdere un derby fa più male che perdere qualsiasi altra partita, almeno per me. Specialmente a Lugano, in territorio per così dire ‘nemico’ (mima le virgolette, ndr), con la gente che festeggia prendendosi gioco di te. Credo che stavolta siamo stati bravi a dimenticare quella sconfitta, e pur se all’inizio abbiamo giocato così così, siamo stati capaci di reagire. Magari sudando fino alla fine, ma dando in quel modo una nuova dimostrazione del fatto che sappiamo soffrire».
Dopo aver segnato tra l’altro ben cinque gol nella stessa partita, cosa che vi era già riuscita una volta in stagione, contro il Servette, ma da quella sera di inizio ottobre sono passati quasi due mesi. Anche questo può essere un segnale. «Spero sia segno che la situazione s’è sbloccata. Di sicuro, però, non possiamo credere che questo successo sul Friborgo abbia risolto ogni cosa. Davanti a noi abbiamo due settimane molto impegnative, dovremo restare più che concentrati, con la speranza che sia il primo passo verso qualcosa di positivo».
Avete appena iniziato un programma che prevede cinque incontri in una settimana, in altre parole giocate un giorno sì e un giorno no: da far rabbrividire quelle che un tempo venivano definite ‘settimane canadesi’. «Onestamente non credo di aver mai visto una cosa simile in vita mia, almeno non in regular-season – conclude l’ala numero 18 –. Nella postseason sì, ma quella è un altra cosa. In ogni caso, siamo dei giocatori e, almeno per quanto mi riguarda, visto che ho iniziato a giocare proprio per questo, più partite ci sono, meglio è».
Del resto, Luca Cereda e il suo staff questo lo possono capire benissimo. «Sicuramente i giocatori ne saranno contenti, siccome per loro le ultime tre settimane sono state un po’ noiose – spiega il coach biancoblù –. Da qui in avanti, invece, niente più allenamenti: giochiamo e basta, anche perché nella notte su martedì torneremo tardi da Ginevra, e mercoledì saremo già in pista a Davos, quindi semmai l’importante è recuperare. Il calendario sarà anche un po’ strano, ma ormai è così».
Certo che, però, andare a Ginevra stasera dopo aver battuto il Friborgo vi permetterà di vedere le cose da un’altra prospettiva. «Se devo essere onesto, la partita di sabato è stata molto simile alle ultime che avevamo giocato, con la differenza che siamo riusciti a sfruttare qualche occasione in più, ma soprattutto siamo stati più diretti sulla porta: i gol di Maillet, Douay, Grassi e pure quello di Miles Müller, anche se è stato annullato, sono arrivati tutti dallo slot che più slot non si può. Questo è stato senz’altro positivo, anche se a livello di prestazione non ho visto una differenza enorme rispetto alle ultime uscite. Ma mi è pure piaciuto il fatto che abbiamo ritrovato una certa fiducia, una certa calma, quando nei primi due periodi le cose non andavano perfettamente. Credo sia questo, in fondo, il messaggio più importante dell’esibizione di sabato».
Nonostante la sconfitta nel derby, hai deciso di non modificare di una virgola il lineup: volevi tenere il punto, per così dire, visto che non si cambia mai tanto per farlo, oppure il ragionamento è stato un altro? «Secondo me a Lugano i ragazzi hanno fatto una buona partita. L’avevo già detto sul bus, di rientro venerdì sera, che avevamo giocato meglio quel derby rispetto al primo ad Ambrì, nonostante l’avessimo vinto. Ed è ovvio (sorride, ndr), il risultato è importante in un lavoro come il nostro, ma non può essere tutto. Quello che avevamo visto venerdì c’era piaciuto, naturalmente avremmo dovuto limare gli errori, però c’era una certa base su cui costruire».
Poi, l’impressione è che si stia cominciando a vedere l’effetto DiDomenico. «Contro il Friborgo lui è stato uno dei migliori sul ghiaccio. Ha portato non solo competitività ma anche tanta qualità. Giocatori così, a volte è meglio averceli in squadra, che contro. Io prima non lo conoscevo, se non da avversario, ma nelle tre settimane in cui praticamente ci siamo solo allenati, ho visto in lui una competitività veramente incredibile. Anche nel warmup prima della sfida col Friborgo, al mattino, è stato uno dei pochi ad andare sul ghiaccio, mentre gli altri sollevavano i pesi in palestra. È qualcosa di bello da vedere non solo per i compagni, ma anche per noi dello staff, perché la passione che ha è contagiosa».
Anche se, ogni tanto, quella passione rischia di eccedere... «Se parliamo di venerdì, era arrabbiatissimo per aver ricevuto un cross check in faccia – conclude Cereda –. Diciamo che Chris è sempre un po’ al limite (ride, ndr), ma in fondo è quella la sua forza. Certo, ogni tanto corre il rischio di superarlo, ma se lo fa è con un unico scopo, aiutare la squadra. Ed è a quel punto che devi riuscire a riportarlo in quel contesto, chiedendogli di fare ciò che è bravissimo a fare, per dare una mano ai suoi compagni».