laR+ Locarnese

‘Alla fine metteranno noi, nei recinti. Così non parleremo più’

La toccante testimonianza di un alpigiano valmaggese confrontato con il lupo e con un mondo politico che sembra non capire fino in fondo

Il lupo a Cimalmotto
30 agosto 2024
|

Mercoledì a Lodano, durante l’incontro convocato dall’Ascovam, ha portato la sua testimonianza Valerio Tabacchi, che già il 20 agosto ha scaricato 70 capre dall’alpe Zaria. La riportiamo testualmente.

«Nel mese di agosto ho avuto tre attacchi. Mi è sembrato di avere un ladro in casa. Dopo il terzo ho deciso di scaricare l’alpe e fare solo il formaggio di mucca. L’anno prossimo non so come andrà: ci penserà poi mio figlio, perché io sarò in Avs. Ma è un peccato e credo che valga la pena parlare del formaggio Valmaggia. Non lo abbiamo inventato perché è più buono con il latte di capra: è stata la necessità dei nostri piccoli alpi, che ha spinto la gente a tenere più capre che vacche. D’inverno le vacche le mandavan giù dai contadini del piano e ne tenevano poche, quelle necessarie per mantenere la famiglia, mentre le capre si arrangiavano di fuori fino a Natale, poi stavano in stalla quei due o tre mesi. Costava poco e d’estate ti riempiva la caldaia. Io mi ricordo da ragazzo: andavo a prenderne 190-200 e mungevamo 7-8 secchi per persona di latte di capra e con quello riempivamo le caldaie.

Poi c’è un altro discorso da fare: il pascolo. Il pascolo delle capre è quello lontano, fuori dal pascolo delle vacche. Da ragazzi, dopo la mungitura, ci mandavano a spingere le capre fuori dall’erba delle vacche. Non si poteva lasciar mangiare alle capre l’erba delle vacche, perché se no li sentivi, il casaro e il pastore. Anche adesso, quando siamo nei corti in basso, a 1’500-1’600 metri, le vacche mangiano l’erba un po’ matura mentre le capre sono già su a 2’300-2’400 metri e mangiano i fiori, mangiano le erbe che trovano su. Arriva da lì, l’aroma del latte di capra che viene portato nel formaggio: quella è la particolarità del Valmaggia.

Non è per i soldi che lasci in giro le capre, perché poi tanto te le pagano. Sono forse il capraio più vecchio d’Europa, ho 64 anni e vado ancora a prendere le capre tutte le mattine. Ma è un piacere per me arrivar su: vedi l’alba che ti nasce, il sole, le capre che ti vengono incontro quando le chiami. Ho fatto un’estate da crepare, a tirarle giù dalle creste tutte le mattine. Vanno in cresta a dormire perché sono impaurite. Ho messo il Gps per vedere dov’erano: una mattina me le dava a 2’560 metri. Lassù non c’è niente da mangiare. Come le tiri giù, dopo mezz’ora cominciano a mangiare tranquille solo perché sei lì assieme a loro. Non è più un lavoro da tirare avanti, questo. Mi spiace per i giovani che cominciano. I nostri politici arrivano in valle a vedere i disastri con la loro bella felpa rosa e le scarpe di vernice. Che mettano su gli scarponi, una volta, e vengano sugli alpi a vedere i lavori che ci sono da fare. Dicono di proteggerle, che i numeri non ci sono, che diminuiscono le predazioni. Io ne ho annunciata solo una perché tanto non fanno niente. Anche se me ne ammazzano dieci c’è sempre una scusa per non tirar via il lupo. Nel prossimo recinto metteranno noi, per tenerci dentro, tranquilli. Così non parleremo più».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔