La città del ciclismo artistico e della corsa dei pastori giocherà in Bundesliga. Con due gol oltre il 90’ all’ultima giornata beffato l’Amburgo
Il 28 maggio scorso, la festa era iniziata 300 chilometri più in là, nello stadio del Sandhausen, dove giocava l’Amburgo, nobile decaduta del calcio tedesco (la squadra che fu – tra gli altri – di Kevin Keegan, Uwe Seeler ed Ernst Happel, campione d’Europa nel 1983) che fino al 2018 non era mai retrocessa dalla Bundesliga e ora – come precipitata dentro una maledizione – non riesce più a tornarci.
L’ultima giornata della Zweite Bundesliga (la Seconda Serie tedesca) era iniziata così: Darmstadt 67 punti, Heidenheim 64, Amburgo 63. Le prime due vengono promosse, la terza spareggia con la terzultima della Bundesliga. E il Darmstadt (che poi perderà 4-0 con il Greuther Fürth), con i suoi 4 punti di vantaggio sull’Amburgo, era già promosso.
L’Amburgo va in vantaggio dopo tre minuti in casa del Sandhausen ed è virtualmente promosso. All’inizio del secondo tempo il Ratisbona segna all’Heidenheim due gol, che per riscavalcare l’Amburgo a questo punto ne deve fare tre. Ne fa uno, al 58’, una comica autorete di un difensore che intercetta un tiro sbagliato facendo un tunnel al proprio portiere. E uno resta fino al 90’. La partita di Sandhausen finisce e i tifosi dell’Amburgo, impazienti – dopo cinque anni di purgatorio – scendono in campo a festeggiare. Le immagini sono le solite che vediamo quando una squadra vince una coppa o un campionato: il verde del prato quasi nemmeno si vede più, solo gente vestita di bianco, rosso e blu, i colori dell’Amburgo. Qualche tifoso ascolta la radiolina come ai vecchi tempi, altri controllano nervosamente il cellulare per gli aggiornamenti dall’altro campo. Altri, la maggior parte, se ne fregano.
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La festa dei giocatori dell’Heidenheim dopo la vittoria all’ultimo secondo
Ma la partita di Ratisbona non è ancora finita. Al 93’ l’Heidenheim si guadagna un calcio di rigore, trasformato da Jan-Niklas Beste, che fino all’anno prima giocava proprio nel Ratisbona: 2-2. Ma non basta.
Al 99’, quando la festa dell’Amburgo è ormai in corso da dieci minuti, a Ratisbona inizia una di quelle mischie da oratorio in area in cui il pallone diventa una pallina da flipper. A mandare in tilt la Zweite Bundesliga e i tifosi dell’Amburgo a distanza è il numero 10, come nei film. Come il suo attuale allenatore era stato convocato in un Mondiale Under 20 (nel 2015) senza poi sfondare: si chiama Tim Kleindienst, ed è lui a buttare dentro un pallone che ha appena attraversato tutta l’area piccola, mancato di un soffio da una manciata di attaccanti e difensori.
La festa dell’Amburgo, appena cominciata, è già finita. Per la prima volta nella sua storia sarà l’Heidenheim a salire in Bundesliga (addirittura da prima in classifica dopo la concomitante sconfitta del Darmstadt), una squadra che nella stagione 2003/2004 – quando l’Amburgo disputava la Coppa Uefa, vinceva la Coppa di Lega e considerava l’eventualità di una retrocessione quanto quella di essere colpito da un asteroide – giocava nella Verbandsliga Württemberg, la Quinta Serie del calcio tedesco e nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo dopo.
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La delusione dei tifosi dell’Amburgo, che erano già in campo a festeggiare
Il dopo ha un nome e un cognome, Frank Schmidt, ex difensore ed ex promessa mancata del calcio tedesco, convocato nel Mondiale Under 20 del 1993 e poi scivolato nelle serie inferiori (con qualche esperienza minore in Austria). Ma anche protagonista di una delle sconfitte più incredibili della storia del Bayern Monaco. Schmidt, infatti, era in campo quando il Vestenbergsgreuth riuscì a eliminare i bavaresi dalla Coppa di Germania 1994-95.
Nel 2003-2004, a fine carriera, Schmidt tornò a Heidenheim, dove non aveva mai giocato, ma dov’è nato il 3 gennaio del 1974. Dopo quattro anni in campo (e una promozione nella Quarta Serie) gli viene offerto il ruolo di allenatore a tempo, in attesa di trovare qualcuno adatto. Ma la squadra vince e alla fine quello adatto era lui, che non se ne va più. La prossima stagione sarà la diciassettesima per Schmidt sulla panchina dell’Heidenheim, la sua prima e finora unica.
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La festa dopo aver eliminato il Bayer Leverkusen in Coppa di Germania
Sotto la sua guida la squadra aveva scalato altre due categorie, fino alla Zweite Bundesliga, dove galleggiava da tempo a metà classifica, affacciandosi anche ai piani alti. Negli ultimi anni infatti la società aveva alzato il tiro, con imprese memorabili (eliminando nel 2019 in Coppa di Germania il Bayer Leverkusen per poi essere battuta nei quarti di finale dal Bayern Monaco, che segnò il 5-4 a soli sei minuti dalla fine) e squadre sempre più ambiziose, sfiorando già nel 2020 la promozione nello spareggio con il Werder Brema.
Alzare il tiro si può, nonostante le dimensioni relativamente piccole della città (che non arriva a 50mila abitanti), perché i proprietari sono anche loro di Heidenheim: si tratta della Voith, grande azienda metalmeccanica che fattura 4 miliardi di euro l’anno, insomma una potenza. Ma in Germania questo binomio calcio-industria è quasi una regola, con il Wolfsburg figlio della Volkswagen, il Lipsia diventato (tra mille polemiche) Red Bull e il Bayer Leverkusen, asset societario della Bayer quanto l’aspirina.
Heidenheim, il cui nome intero è Heidenheim an der Brenz, fino a qualche tempo fa era famosa solo per essere sede della Voith e per aver dato i natali al feldmaresciallo Erwin Rommel, la Volpe del deserto. Altro tipo di notorietà.
La città, dove tra l’altro si parla svevo, non pensava di poter avere così tanta fortuna col calcio e si era dedicata ad altro, vincendo trofei internazionali nel ciclismo artistico (qualsiasi cosa voglia dire), ospitando ogni anno una tappa della Coppa del mondo di spada, sfornando medagliati olimpici di scherma e abbinando il proprio nome ai successi degli Heideköpfe, pluricampioni di Germania nel baseball (e vicecampioni d’Europa nel 2010).
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La corsa dei pastori di Heidenheim
In bilico tra sport e folklore c’è anche la corsa dei pastori, una tradizione secolare che ha origine nel 1723, poi interrotta nel 1828 e ancora ripresa nel 1922 e ancora nel 1972. In quello stesso anno, la squadra di calcio venne rifondata: all’epoca l’attuale allenatore Schmidt nemmeno era nato. Ma c’è un’altra data, nel nome ufficiale della squadra – 1. Fc Heidenheim 1846 – che ha fatto drizzare le antenne agli storici del calcio. Quel 1846 non torna, perché la squadra più antica del mondo, ovviamente inglese, lo Sheffield Fc, è del 1857. E quindi? Hanno semplicemente barato, mettendo come data di fondazione quella del primo club di ginnastica della città.
Ora resta da vedere cosa combineranno Schmidt e i suoi in Bundesliga. Per ora gli acquisti sono stati pochi e non hanno stravolto la rosa né l’impianto della squadra. L’esordio è fissato per il 19 agosto in casa del Wolfsburg; una settimana dopo ci sarà la prima in casa, alla Voith Arena, contro l’Hoffenheim, altro miracolo di provincia che ormai ha abituato tutti alla sua presenza in Bundesliga.
Chissà cosa penserà quel giorno Schmidt, che con la maglia dell’Heidenheim giocava, giusto vent’anni fa, in uno stadio che non era uno stadio, ma un campetto per scapoli e ammogliati. Nel frattempo Holger Sanwald, Ceo della società, gli ha offerto un contratto a vita, che ha rifiutato. E poi una statua. Ha rifiutato anche quella.