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I destini incrociati dei due cuori di Dundee

Proprio come Sampdoria e Genoa, le due squadre della città scozzese nell’ultima stagione si sono scambiate il posto: una promossa e una retrocessa

In sintesi:
  • Da sempre nell'ombra di Celtic e Rangers, le squadre di Dundee devono accontentarsi di una gloria minore
  • Come da tradizione, la rivalità fra squadre della stessa città è molto sentita anche nel caso di Dundee United e Dundee Fc
11 agosto 2023
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Se la Scozia è ormai la periferia del grande calcio britannico, Dundee è la periferia del calcio scozzese. E se Dundee è la periferia del calcio scozzese, il Dundee Fc è la periferia del calcio di Dundee. Già, perché in Scozia il campionato è sempre un affare tra Rangers e Celtic, le due grandi squadre di Glasgow, che insieme hanno vinto 108 volte la competizione: 55 i Rangers e 53 i Celtic, che stanno arrivando di rincorsa, avendo vinto 12 degli ultimi 13 campionati (quello che non hanno vinto, guarda caso l’hanno vinto i Rangers, risaliti – dopo una clamorosa bancarotta nel 2012 – dalla Quarta Divisione). Il titolo nazionale è finito altrove solo 19 volte, decisamente poco per una competizione con 133 anni di storia. Diciannove volte che poi sono 18, perché il primo campionato, quello del 1890, l’ha vinto sì un’altra squadra, il Dumbarton, ma ex aequo con i Rangers.

La storica rivalità tra Celtic e Rangers trascende il calcio, risucchiando la politica e quindi tutto a quelle latitudini, dove essere cattolico o protestante, repubblicano o monarchico è un confine invisibile che ti lascia di qua o di là, e non c’è ritorno, né via di mezzo.

Quella rivalità, come tutte le cose che diventano troppo grandi, ha un nome tutto suo, si chiama Old Firm: in italiano sarebbe la “vecchia ditta”, a dimostrazione che quando si è talmente diversi da guardarsi in cagnesco, spesso si è una cosa sola, perché uno non esiste senza l’altro. All’inizio degli anni Ottanta, però, l’Old Firm fu offuscato da una nuova rivalità, quella tra l’emergente Aberdeen di un certo Alex Ferguson (il manager che poi farà le fortune del Manchester United) e una delle due squadre di Dundee, lo United.

I primi vinsero tre campionati e una storica Coppa delle Coppe (nel 1983) battendo in finale nientemeno che il Real Madrid, i secondi ne vinsero uno solo, nel 1983, ma sfiorarono una finale di Coppa dei Campioni (1984) e arrivarono a un passo dalla Coppa Uefa (1987). Nel primo caso, dopo un successo in casa per 2-0, il Dundee United fu sconfitto 3-0 dalla Roma (che poi cadrà in casa con il Liverpool in una gara diventata psicodramma collettivo), nel secondo arrivò sino alla doppia finale con l’Ifk Göteborg. Già, erano tempi in cui potevano arrivare in fondo a un torneo continentale una svedese e una scozzese (capace, tra l’altro, di eliminare il Barcellona e i tedeschi del Borussia Mönchengladbach).

Vicini di casa

Negli anni ruggenti del Dundee United, che si fece conoscere e riconoscere anche per una maglia insolita, di colore arancione, il Dundee Fc era solo una comparsa, come spesso gli è capitato di essere: l’unico titolo nazionale è del 1962, l’unica Coppa di Scozia è del 1910 (per dire, doveva ancora affondare il Titanic), vinta un anno dopo la fondazione dello United, mentre il Dundee Fc è nato nel 1893: vale a dire che ha anche avuto 16 anni in più di tempo per riempire la bacheca.

Altro dettaglio che non è un dettaglio, gli scontri diretti: lo United ne ha vinti 81, il Dundee Fc solo 49 (e 44 pareggi). Insomma, i vicini con la maglia arancione sono un club scomodo. Tra l’altro “vicini” non è mai stata parola più appropriata per descrivere due squadre, in quanto i due stadi (Tannadice Park e Dens Park) sono a 320 metri di distanza, sulla stessa via, Sandeman Street. Si tratta della coppia di stadi più vicina del calcio professionistico mondiale (a batterli, in realtà, ci sarebbero quelli di Malmö FF e Ifk Malmö, in Svezia, distanti appena 273 metri, ma l’Ifk si barcamena da anni tra le Terza e la Quarta Serie locale, che di professionistico hanno ben poco). I due stadi di Dundee, battono per soli 50 metri gli impianti delle due mitiche squadre argentine di Avellaneda, l’Independiente e il Racing.

Ma questa classifica da vigili urbani con il metro in mano ai tifosi interessa fino a un certo punto. Quello che conta, soprattutto quest’anno, soprattutto per i tifosi del Dundee Fc, è che il mondo – almeno quello del calcio cittadino – si è capovolto: lo United è retrocesso dalla Premier League scozzese dopo una stagione di capitomboli epocali, mentre loro hanno fatto il percorso inverso, risalendo nella massima serie dopo un numero di colpi di scena che sarebbe troppo perfino per una sceneggiatura di un film d’azione di Hollywood.

Una stagione folle

Insomma, questa è la storia incrociata di due campionati in cui i protagonisti a un certo punto (subito o in vista del traguardo) iniziano a perdere e sembrano non voler smettere più. Il Dundee United non solo perde da subito, ma lo fa anche in modo pirotecnico: qualificato ai preliminari di Conference League, vince 1-0 in casa contro gli olandesi dell’Az Alkmaar. Bene, no? No.

Al ritorno perde 7-0. Perde anche in amichevole con una squadra inglese di Quarta Serie, il Fleetwood Town, perde sei delle prime otto partite di campionato, compreso uno 0-9 contro il Celtic. Tra l’8 gennaio e il primo aprile non vince nemmeno una partita, perdendone otto e pareggiandone tre. Dopo tre vittorie di fila in aprile perde tutte le ultime cinque gare di campionato. Bastava vincerne una per evitare la retrocessione diretta e andare almeno allo spareggio, anche perché l’altra squadra in crisi, il Ross County, fa solo 13 punti degli ultimi 33 a disposizione: i tre decisivi proprio in casa del derelitto Dundee United.

Nella Scottish Championship, la Serie B scozzese, succede qualcosa di simile a chi ormai sembrava destinato alla promozione, ovvero il Queen’s Park (la squadra in cui esordì da giocatore Alex Ferguson), il cui stadio fino al 2020 era Hampden Park, cioè quello della Nazionale: 52mila posti a sedere per una tifoseria che superava appena i mille, e nemmeno sempre.

Ora il Queen’s Park gioca ad Ochilview Park, dove si è consumato il suo psicodramma e anche la festa del Dundee Fc. All’ultima giornata, il 5 maggio (giorno già fatale all’Inter di Ronaldo), in calendario c’era proprio Queen’s Park-Dundee Fc, diventata decisiva perché i primi in classifica avevano nel frattempo perso 4 delle ultime 6 gare, facendosi superare proprio dal Dundee, capace tra l’altro di fare solo tre pareggi prima della gara decisiva. La classifica recita Dundee Fc 60, Queen’s Park 58. Il Queen’s Park, insomma, deve vincere: dopo 4 minuti perde 1-0, dopo 12’ vince 2-1. Il primo tempo si chiude sul 3-3, come una partita di Holly&Benji. Nel secondo tempo il Dundee Fc segna due gol, vince la partita e il campionato, ottenendo la promozione diretta: il giorno dopo i rivali del Dundee United perdono la prima delle cinque partite che gli fanno fare il percorso inverso.

E il Queen’s Park? Che fine ha fatto? Non ha più smesso di perdere, proprio come il Dundee United. Col morale sotto i tacchi entrano nel tabellone dei playoff che potrebbero ancora promuoverli. Affrontano il Partick Thistle, una squadra che arriva da dietro, come il cavallo di rincorsa del Palio di Siena. Una sola sconfitta nelle ultime tredici gare, il Partick spazza via quel che resta del Queen’s Park (4-3 e 4-0), batte 3-0 e 5-0 l’Ayr United per poi affrontare in finale il Ross County, quelli che in Premier League perdevano sempre, ma non abbastanza, non quanto il Dundee United. All’andata il Partick vince 2-0, al ritorno va ancora in vantaggio. Al 70’ sono ancora sull’1-0 per loro. Il Ross County deve segnare tre gol in venti minuti per andare ai rigori. Li segna, l’ultimo al 90esimo. Vanno ai rigori, vincono: loro che non sapevano più come si faceva.

È festa anche per loro, come per il Dundee Fc, quella che una volta era l’unica squadra di Dundee e negli anni è diventata la seconda. Quelli famosi, capaci di giocare ad alti livelli in Europa, erano i rivali dello United. Loro, fuori dai confini nazionali, invece erano famosi per una sbiadita semifinale che ormai ha più di sessant’anni (persa col Milan) e per aver indossato per due stagioni la maglia di un’altra squadra: la Sampdoria. E perché? Perché gli piaceva. A pensarci è un buon motivo anche quello.