La formica rossa

Prestazione ponte e retroattività minima: che mangino brioches?

Ben venga il compromesso di far valere le nuove misure dal 1° maggio, ma le motivazioni per non andare al 1° marzo lasciano basiti. Come il no del governo

Depositphotos
19 maggio 2021
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La prestazione ponte Covid è nata per un motivo preciso: aiutare puntualmente chi finora non ha ricevuto alcun sostegno e sta pagando caramente le conseguenze economiche delle chiusure dovute alla pandemia. Con l’aggiornamento dei parametri - tra i quali l’aumento degli importi massimi - il discorso della retroattività sarebbe dovuto venir da sé. Non è campato per aria il concetto che se una persona ha visto respinta la propria richiesta per dei paletti oggi caduti possa vedersi ‘compensata’ grazie alle nuove decisioni. Il governo ha detto e ridetto no a questa retroattività al 1° marzo, come hanno detto no esponenti di alcuni partiti ieri in Gestione. La motivazione addotta, sintetizzabile con il troppo lavoro per i Comuni (alla faccia della decantata prossimità), vale a dire gli enti preposti alla valutazione di ogni dossier, lascia basiti. L’Ente pubblico, davanti a cittadini in evidente difficoltà, non può trincerarsi dietro non problemi dando la sensazione a chi sta subendo di essere lasciato da parte. Non si è di fronte a persone che hanno scelto di tenere chiusa la propria attività, non lavorare più, perdere l’impiego. Si è di fronte a persone cui tutto questo è stato imposto e che in questo difficile momento non hanno voce. Chi si è prodigato - giustamente - a rimpinguare la dotazione per i casi di rigore, non è stato altrettanto lesto nel tendere una mano a persone che, al contrario di alcune categorie onnipresenti sui media e nel dibattito, non stanno ricevendo aiuti da oltre un anno. Speriamo che il prossimo passo non sia proporre di sostituire il pane con le brioches.

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