La Gestione firma il rapporto di Jelmini (Ppd) dopo un lungo tira e molla. Il Ps non ci sta e presenta due emendamenti: 'Le modifiche valgano dal 1° marzo'
Dopo giorni di tira e molla, telefonate, accordi, disaccordi e polemiche più o meno sotto traccia, il compromesso sulla prestazione ponte Covid è servito: la Commissione parlamentare della gestione, sottoscrivendo il rapporto del popolare democratico Lorenzo Jelmini, ha deciso di rendere retroattivo il nuovo decreto al 1° maggio. La motivazione è nel rapporto dello stesso Jelmini, il quale mette nero su bianco come “il nuovo decreto non solo introduce nuovi parametri più favorevoli ai richiedenti, ma prevede pure un’applicazione più estesa nel tempo”. Quindi, pur entrando - Gran Consiglio permettendo, ma sarà una formalità - in vigore il 1° giugno, le novità varranno anche per le richieste inoltrate (e respinte) del mese di maggio. Novità che, ricordiamo, sono l’adeguamento degli importi massimi mensili (da 1’000 a 2’000 franchi per il primo richiedente, da 500 a 800 franchi per ogni componente dell’economia domestica), l’abolizione del limite dei 65 anni di età, l’adeguamento delle soglie e la proroga della validità della prestazione da 8 milioni di franchi fino al 31 dicembre.
È stata tesa, molto tesa la riunione di oggi della Gestione. Perché «il messaggio del Consiglio di Stato è stato approvato su tutta la linea», ci spiega il presidente della commissione Matteo Quadranti (Plr). Ma c’era la questione della retroattività, dove fino alla settimana scorsa sembrava cosa fatta porla al 1° di marzo, vale a dire dall’entrata in vigore della prestazione. Ma non è andata così. «C’era la posizione liberale, della Lega e dell’Udc che volevano rispettare la data del 1° giugno, senza retroattività, come ha ribadito ancora con lettera di ieri il Consiglio di Stato - continua Quadranti -. C’era anche la posizione socialista che chiedeva il 1° marzo, mentre il Ppd con il relatore Jelmini ha messo sul tavolo come compromesso il 1° maggio ed è passata questa proposta». Senza particolari entusiasmi: su 17 firme, 10 sono con riserva e non tutte provenienti da un Ps che «da subito», annota Quadranti, «ha detto che avrebbe emendato il rapporto». Ciò, comunque, «non dovrebbe tradursi in un problema in Gran Consiglio, perché gli altri partiti hanno assicurato che non faranno o sosterranno emendamenti». E con il lavoro aggiuntivo per i Comuni, uno degli scogli che si sono opposti all’andare ‘troppo’ indietro con la retroattività? «Erano pronti, e penso che riusciranno a rivedere qualche centinaio di pratiche» risponde serafico Quadranti.
Aggiunge il relatore commissionale Lorenzo Jelmini: «Con gli approfondimenti che abbiamo fatto ho potuto sentire i Comuni, e pur andando a creare delle difficoltà si è ritenuta sostenibile l’opzione di portare avanti questo compromesso al 1° maggio per la retroattività. Con questa operazione andiamo ad aiutare davvero tutta quella fetta di popolazione che non ha ricevuto ancora alcun sostegno, che è lo scopo concreto di questa prestazione puntuale e complementare agli altri aiuti erogati». Soldi che Jelmini auspica «non si debbano spendere, o che se ne spendano sempre meno mese dopo mese: vorrebbe dire che pian piano si sta ripartendo e le persone escono dalle difficoltà. Ma questo sostegno va ad aiutare categorie come badanti, personale domestico, taxisti, piccoli imprenditori… tutte categorie finora scoperte, e che adesso aiutiamo».
Anche i socialisti hanno firmato con riserva, ma non per chiedere l’entrata in vigore del decreto bis il 1° di giugno. Il Ps proporrà, tramite un emendamento che presenterà in parlamento, la retroattività delle nuove disposizioni facendole partire dal 1° marzo, termine che aveva trovato inizialmente d’accordo l’intera commissione, prima, va detto, degli approfondimenti di Jelmini. «Anche a livello federale sono state rese retroattive leggi legate alla pandemia, quando la Confederazione si è accorta della necessità di doverle rivedere, di adeguarle - rileva il capogruppo Ivo Durisch, da noi contattato -. Proporremo il 1° marzo, ritenendola una soluzione più che giustificata. Anche perché - evidenzia Durisch - a parte l’azione ‘Vivi il tuo Ticino’ per aiutare la ristorazione e il settore turistico ticinese con sconti, pagati dall’ente pubblico, su cene e pernottamenti, questo della prestazione ponte Covid è l’unico intervento, di motu proprio, del Cantone a sostegno della cittadinanza». La retroattività della misura al 1° maggio, quale compromesso suggerito da Jelmini, non convince dunque i socialisti. «Non convincono soprattutto - precisa il capogruppo del Ps in Gran Consiglio - le motivazioni addotte dai Comuni per opporsi alla soluzione del 1° marzo. Per gli enti locali bisognerebbe rivedere gli incarti, ma il loro numero, obiettiamo, è relativamente piccolo e non intravediamo grossi problemi di natura amministrativa. Così come non intravediamo controindicazioni dal profilo finanziario nel rendere le nuove disposizioni valide dal 1° marzo: la spesa resta davvero contenuta. Insomma - sottolinea Durisch - quello che chiediamo è un atto dovuto verso quelle fasce della popolazione che non hanno ricevuto fin qui aiuti».
Ma il Ps prospetta pure un secondo emendamento. «Proporremo anche - dice il capogruppo - di togliere all’articolo 6 del decreto gli importi massimi delle prestazioni, che secondo noi a questo punto non hanno più senso, affinché venga coperto completamente il fabbisogno di tutti. Cosa che inoltre garantirebbe la parità di trattamento».
Ma non è tutto. Durisch insiste sul ruolo dei Comuni. «Dato che l’efficacia della prestazione ponte Covid dipende anche dagli enti locali, non è un buon segnale il fatto che i Comuni sollevino problemi di natura amministrativa per dire no alla retroattività, al 1° marzo, di un aiuto sociale. Auspico quindi che si adoperino per rendere veramente efficace questo strumento».