Sì del Gran Consiglio al rapporto di Jelmini (Ppd) su aumento degli importi e della durata. No all'emendamento di Durisch (Ps) sulla retroattività al 1° marzo
Come era ampiamente prevedibile, l’accelerata alla prestazione ponte Covid impressa dal Consiglio di Stato con l’aggiornamento del decreto ottiene il via libera del Gran Consiglio con 81 favorevoli e due contrari (Mps). Luce verde quindi all’adeguamento degli importi massimi erogabili, che salgono da 1’000 a 2’000 franchi al mese per il primo richiedente e da 500 a 800 franchi al mese per ogni componente dell’economia domestica, all’abolizione del limite dei 65 anni di età, all’adeguamento delle soglie e alla validità prorogata fino al 31 dicembre. In vigore da domani 1° giugno, questi cambiamenti sono comunque retroattivi al 1° maggio in virtù del compromesso raggiunto dalla Commissione parlamentare della gestione con il rapporto firmato (anche se 10 su 17 l’hanno siglato con riserva) due settimane fa.
Il relatore Lorenzo Jelmini (Ppd) in aula difende questa proposta del governo avallata dalla Gestione, perché «permette a un numero maggiore di cittadini che hanno subito le conseguenze finanziarie della pandemia di ottenere un concreto aiuto, colmano una lacuna di reddito temporanea». Un aggiornamento del decreto «che potenzia la prestazione ponte senza modificarne la natura e la sua finalità di aiuto di carattere straordinario, puntuale, temporaneo e complementare a tutti gli altri aiuti. Una prestazione diretta in particolare ai lavoratori indipendenti e ai salariati precari che non hanno ancora avuto alcun sostegno».
È un sì senza particolari entusiasmi quello che arriva dal Plr, la cui capogruppo Alessandra Gianella ricorda che «gli indipendenti sono una categoria importantissima del nostro tessuto economico, e questa misura è politica e vuole evitare di cronicizzare delle difficoltà». Ma per i liberali radicali «resta inteso che questa prestazione deve essere limitata nel tempo, e che la vera risposta è poter tornare il prima possibile a lavorare evitando interventi troppo assistenzialisti a scapito dell’impiego. Salvaguardiamo i posti di lavoro e rendiamo il Ticino attrattivo, perché se la pressione sul mercato del lavoro c’era già prima della pandemia, ora aumenterà ulteriormente: bisogna pensare al futuro, non solo al presente».
Per il capogruppo leghista Boris Bignasca, che comunque appoggia il rapporto di Jelmini, «il tema fondamentale è quello del lavoro, non di inventare prestazioni sociali. Ci sono 17 tipi di prestazioni sociali, ma quella migliore è tutelare i posti di lavoro dei residenti. Ed è importante che questi aiuti non passino solo attraverso enti pubblici, ma anche dalle associazioni private che svolgono attività sociali. Che lavorando nel privato, sono anche più efficienti ed economiche».
Molto preoccupato è invece il capogruppo del Ps Ivo Durisch: «Se il mondo del lavoro tutelasse davvero tutti i lavoratori non ci sarebbe bisogno di strumenti sociali, ma è sempre più precario e la pandemia ha dato un ulteriore colpo di grazia». Bene, quindi, ha fatto il Dipartimento sanità e socialità «a proporre questo strumento che speriamo possa dare un sollievo a chi ha bisogno, e farci capire meglio la realtà che abbiamo sul territorio. Molti lavoratori - continua Durisch - sono invisibili ai sistemi tradizionali di protezione sociale e del lavoro». Perché l’allarme, secondo il capogruppo socialista, va anche oltre: «L’emergenza sociale ha colpito in maniera invisibile le fasce più fragili, la povertà sia sociale sia economica è una realtà che tocca sempre più persone e lascia ferite indelebili. Speriamo che chi sfugge alla rete sociale grazie a questa prestazione possa essere riconosciuto: lavorare non è più sinonimo di sicurezza, questo strumento è necessario anche al di là della crisi sanitaria».
«Sosterremo questa proposta - afferma il deputato Udc Paolo Pamini -, anche se tutti questi aiuti non ci fanno fare i salti di gioia. Anche se non sono aiuti veri e propri, ma un indennizzo per danni causati dallo Stato all’economia siccome le ha tolto il diritto di lavorare». Sostegno, infine, dai Verdi che con Samantha Bourgoin rilevano come «all’inizio le regole erano troppo strette, e in troppe poche persone hanno potuto beneficiare di questi aiuti. In modo celere, questo problema è stato corretto».
Il direttore del Dss Raffaele De Rosa snocciola i dati aggiornati al totale dei primi due mesi di erogazione della prestazione ponte, vale a dire marzo e aprile. Ebbene: «Sono state inoltrate 802 domande, di cui 387 sono state evase con esito positivo. L’importo erogato è stato di quasi mezzo milione di franchi». Importante, per De Rosa, anche il contributo erogato attraverso il fondo Swisslos e i 13 enti riconosciuti dalla Catena della solidarietà: «Abbiamo evaso positivamente 298 richieste, per un aiuto totale di 120mila franchi». I motivi di rifiuto più frequenti «sono stati legati alle condizioni di accesso e ai limiti calcolo, per questo il Consiglio di Stato ha deciso di intervenire ampliando la cerchia dei beneficiari, rafforzando la prestazione con un aumento degli importi e con l’estensione della validità. Gli specialisti comunali stimano una riduzione dei motivi di rifiuto e un aumento dell’accoglimento dell domande al 60-70%».
Niente da fare, invece, per l’emendamento socialista che chiedeva di rendere retroattiva la prestazione ponte a partire dal 1° marzo, data della sua entrata in vigore, e non dal 1° maggio. Posizione, questa, espressa dai socialisti già in Gestione prima della firma con riserva del rapporto. Il motivo è spiegato da Durisch: «Questa è l’unica, vera misura di sostegno da parte del governo. Non si può giustificare, come fatto, un no con il sovraccarico di lavoro per i servizi amministrativi perché qui si tratta di aiutare cittadini che sono in difficoltà. Non chiediamo di rivalutare tutte le decisioni negative, ma di permettere al cittadino di riproporla con la retroattività di tre mesi in modo che possa beneficiarne». Il sovraccarico dei Comuni, usato come giustificazione dal Consiglio di Stato e dalla Gestione per opporsi, per Durisch «non c’è, le domande sono poche ma comunque tante se rapportate al numero di persone che hanno bisogno».