Roger è ancora a quota 20 Slam, Djokovic lo ha battuto per la sesta volta in ambito 'major' e punta il titolo n. 17, nonché il trono mondiale di Nadal
Ancorato a quota 20 Slam, con l’ultimo guizzo risalente a agli Australian Open di due anni fa (8 ‘major’ fa), forte dell’orgoglio e della stoffa del campionissimo convinto – a giusta ragione – di avere ancora qualcosa da dire, come attesta la semifinale raggiunta a 38 anni suonati (39 in agosto), per l’ennesima piazza d’onore tra i milgiori 4 dei 128 partenti: questo è Roger Federer a fine gennaio 2020. Pur sempre protagonista, anche quest’anno, ma non per aver vinto, bensì per la traversie contro Millman e Sandgren, e per l’ennesimo entativo andato a vuoto di salire a quota 21. Una scalata compromessa dalle energie sprecate soprattutto contro l’australiano, nei sedicesimi. «Nella prima settimana non è possibile vincere uno Slam, perderlo però sì», ha osservato il basilese, consapevole di aver lasciato troppe energie sul campo nei primi cimenti. «Posso ritenermi fortunato ad aver raggiunto al semifinale, ma sono anche convinto di poter giocare meglio di così». Alla prossima, quindi, come è giusto che sia. Per una che si perde, ce n’è un’altra da andare a prendere.
La contrapposizione con Novak Djokovic è abbastanza palese. Non solo per la ben nota rivalità (perfettamente riassunta dalla stretta di mano non proprio amorevole, diciamo così, a fine match), bensì anche per una questione tecnica, atletica, e di numeri. Il serbo di Slam ne ha 16, con ampi margini di crescita che Roger invece non ha, non fosse che per l’anagrafe, con la quale i conti vanno fatti, eccome. Ha battuto Federer per la sesta volta di fila in un torneo dello Slam, ambito in cui la differenza la si fa anche sulla lunga distanza, a tutto beneficio del serbo che sull’oltranza ha costruito una carriera. Ha vinto questa semifinale tutto sommato agevolmente, fatta salva la prima metà della prima frazione, in cui ha pagato anch’egli un pizzico di nervosismo, al cospetto di uno dei pochissimi che nel mondo tennis possono permettersi di scalfirne la superiorità. Anche se diventa sempre più difficile, soprattutto in uno dei quattro appuntamenti più importanti del circuito, gli unici che contano qualcosa, agli occhi del serbo, la cui stagione è imperniata sui viaggi a Melbourne, Parigi, Londra e New York.
Il quale Djokovic, se dovesse imporsi domenica, conquisterebbe lo Slam numero 18, l’ottavo titolo a Melbourne, il suo feudo, nell’ottava finale che lo vedrà protagonista. Non bastasse, con un successo scalzerebbe Rafael Nadal dal trono mondiale, tanto per ribadire che quella poltrona la sente sua (ambizione legittimata dai risultati), in queste stagioni nelle quali la lotta si è ormai ridotta a due, con Federer che se ne resta a debita distanza, senza grandi possibilità di rifarsi sotto.