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La rivoluzionaria presa di posizione di Sebastian Coe

Per la prima volta nella storia, la prossima estate i vincitori delle gare olimpiche riceveranno premi in denaro, ma solo nell'atletica leggera

11 aprile 2024
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Con una decisione da lei stessa definita storica, World Athletics ha annunciato ieri che la prossima estate diventerà la prima federazione della storia ad assegnare premi in denaro nell’ambito dei Giochi olimpici. Finora infatti né il Cio né tantomeno le federazioni internazionali dei vari sport avevano mai previsto emolumenti per gli atleti capaci di illustrarsi nelle competizioni a cinque cerchi. Al massimo, a elargire un po’ di grana ai medagliati erano i Comitati olimpici nazionali, ognuno secondo la propria politica e in base alle disponibilità.

Il governo mondiale dello sport, come detto, nonostante il mondo negli ultimi 128 anni sia cambiato all’inverosimile, rimane ancora oggi zavorrato al principio di fine Ottocento – certo sano ma ormai inzaccherato dall’ipocrisia – secondo cui gli atleti olimpici debbano restare autentici dilettanti e che, soprattutto, debbano accontentarsi, in caso di successo, non di pecunia ma di sola gloria. Competere, in pratica, dev’essere già di per sé una ricompensa sufficiente. Peccato, però, che il Cio dalle gare olimpiche ricavi cifre inimmaginabili, e dunque sarebbe corretto che almeno una parte di questo tesoro inestimabile venga ridistribuito agli atleti, che più di chiunque altro contribuiscono al successo – commerciale e di immagine – dei Giochi olimpici.

Per ovviare a questa ingiustizia, dunque, ecco la presa di posizione – rivoluzionaria – della Federazione internazionale di atletica, organismo che contempla discipline fra le più antiche e nobili della storia dell’agonismo, già presenti nell’Antichità, quando i campioni erano ben pagati e nessuno trovava nulla di sbagliato in questa onesta e civile pratica. Del resto, il motto olimpico ‘Citius altius fortius’ (più veloce, più alto, più forte) trae in gran parte origine proprio dalle gare ‘track and field’, ed è significativo che a dare la prima spallata a un sistema ormai obsolescente sia proprio l’atletica leggera. Il suo presidente – l’ex sublime mezzofondista Sebastian Coe – ha ricordato quanto sia importante allungare finalmente un po’ di soldi a chi nello sport mette enorme sacrificio, impegno e concentrazione. Ma ha pure detto, avendoci a lungo avuto a che fare, che con ogni probabilità il Cio non accoglierà per niente bene questa novità.

Ciò detto, il lettore vorrà conoscere l’entità delle somme che World Athletics destinerà ai vincitori, e stupirà nel sentire che non stiamo certo parlando di cifre astronomiche, anzi. Trattasi infatti di soli 50mila dollari, destinati fra l’altro unicamente ai vincitori: chi conquista argento e bronzo, infatti, potrà passare all’incasso soltanto a partire da Los Angeles 2028. Intendiamoci, a prima vista una simile quantità di soldi potrebbe sembrare non troppo esigua, dato che qualcuno con l’equivalente in franchi deve camparci un anno intero: ma nel mondo dello sport sono bruscolini, anche considerando che un successo olimpico viene spesso preparato in un intero quadriennio di duro lavoro.

Senza scomodare il mondo del pallone, che a livello di premi e stipendi è per certi versi davvero vergognoso, l’atletica risulta disciplina poverissima anche in confronto a sport assai meno ricchi del calcio. Basti pensare che vincere una gara nella Diamond League, vale a dire il livello più alto immaginabile, frutta soltanto 10mila dollari, mentre il migliore dell’intera annata in una certa disciplina non intasca più di 40mila verdoni. Già meglio va ai ciclisti, che quando arrivano nel World Tour minimo 150mila franchi all’anno se li portano a casa, oltre ai premi messi in palio a ogni gara. E ancor meglio va nello sci alpino, dove i successi in Coppa del mondo garantiscono da 40mila a 100mila franchi per ogni gara (comunque mai meno di 10-12mila franchi per il terzo classificato) e dove i più bravi a fine stagione arrivano a monetizzare anche un milioncino. Senza contare il fondamentale contributo degli sponsor, che nelle due ruote e sulla neve abbondano (sci e biciclette costano parecchio, e se ne vendono a milioni), mentre l’atletica dal punto di vista commerciale, purtroppo, risulta poco appetibile per gli investitori, che infatti le girano piuttosto alla larga.