Un bel libro fatto di immagini ci dà un'idea precisa della smisurata popolarità di Maradona nei suoi anni partenopei
Formidabile, ho risposto al libraio che voleva un riscontro sul volume – La foto con Dios – che mi ha venduto la settimana scorsa. Il tomo, opera di Carlo Rainone edita da Il Saggiatore, è una raccolta di 120 fotografie capaci di raccontare meglio di mille articoli i sette anni trascorsi a Napoli da Diego Armando Maradona (1984-1991). Si tratta di immagini – non di eccelsa qualità, ma per questo ancor più efficaci e genuine – scattate rigorosamente da gente comune e con macchinette tascabili, come si faceva prima che girassimo armati di telefonini miracolosi.
Proprio perché rare, le foto – scovate setacciando bar e botteghe dei più popolari quartieri partenopei – venivano all’epoca stampate e distribuite, gratis o dietro modesto obolo, in centinaia di copie. Fa niente se nell’immagine, insieme alla divinità argentina, c’era un perfetto sconosciuto: l’importante era possedere un santino che certificasse la presenza del Messia in città, meglio ancora se nel proprio rione. Di continuo invitato a feste e inaugurazioni, Diego – che amava le gente semplice, di cui condivideva il pedigree – quasi sempre si sottoponeva al rito della foto ricordo.
E così lo vediamo ritratto nelle situazioni più disparate: dalle tavolate quasi raffinate di famiglie in vago odor di camorra, al taglio della torta per l’apertura di una concessionaria di automobili, all’uscita dallo sgarrupato spogliatoio del derelitto centro sportivo di Soccavo, dove la squadra si allenava. Strepitose sono ad esempio le tamarrissime felpe, camicie e giacche – con calzino bianco alla caviglia – sfoggiate non solo dal popolino, ma dal Pibe stesso, che in quell’ambiente si mimetizzava alla perfezione: a renderlo diverso erano solo il conto in banca e il fatto che gli toccasse girare scortato dalla polizia. E infatti, una delle immagini – accompagnata come tutte da una illuminante didascalia – ritrae proprio l’agente che, per l’intero soggiorno napoletano, ha protetto Diego ogni volta che usciva di casa.
Il volume – eloquentissimo spaccato di una certa parte d’Italia in un dato periodo storico – è zeppo di bambini vestiti come confetti il giorno della prima comunione, accompagnati da padri, zii e nonni con baffetti d’ordinanza e occhiali dalle lenti oscurate. Toccante è la foto che immortala il campione e una ‘creatura’ cieca che era una vera celebrità: proprio perché priva della vista, era ritenuta dotata di poteri paranormali, fra cui quello – sacro – della divinazione dei numeri del lotto.
Curioso è pure il ritratto del Diez con un bambino di 9 anni nell’albergo di Pescara dove gli azzurri alloggiavano per una partita. Nulla di eccezionale, se non fosse per il fatto che quello stesso ragazzino, due decenni più tardi, tornò a incrociare la propria strada con quella di Maradona: era infatti diventato un pezzo grosso dell’Agenzia delle entrate e fu proprio lui a mediare nel celebre contenzioso fiscale fra la stella argentina e lo Stato italiano.
La storia migliore, a ogni modo, è quella che accompagna uno scatto che vede Diego ospite d’onore per il rinnovamento dei locali di un negozio di scarpe. Per settimane, racconta il calzolaio, la sua bottega si riempì all’inverosimile di gente alla quale – nel più puro stile Totò – riuscì a vendere tonnellate di fondi di magazzino, dai sandali agli stivaletti, di cui non era mai riuscito a disfarsi: a tutti garantiva infatti che proprio quello era il modello che anche Maradona aveva scelto, e loro se l’accaparravano come si trattasse di una pozione miracolosa.