Sci

Il successo secondo Lara Gut: 'Un'arma a doppio taglio'

La sciatrice ticinese parla del suo rapporto anche con le sconfitte: 'La famiglia ti fa capire che c'è altro'

Ti-Press
9 ottobre 2019
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Dübendorf – Il successo? «È un’arma a doppio taglio», ti risponde di slancio. Perché, spiega, più sali e più sei sola. Lara Gut esita solo una frazione di secondo, fissandoti con quegli occhi azzurro ghiacciaio. «Troppo spesso lo si confonde con la vittoria, invece penso sia piuttosto essere soddisfatti di ciò che si fa. Molti atleti vincono senza assaporare il momento; pochi apprezzano un secondo o terzo posto dicendosi “cavolo, questa esperienza mi ha arricchito”. Io l’ho vissuto: una corsa dietro l’altra, le vittorie che si susseguono... Quello non era successo, lo era solo per gli altri che però non sanno come vivi. Per me un buon risultato è anche finire una stagione e stare ancora bene». Benvenuti al media day di Swiss-Ski. Inserita nella settimana pubblicitaria che precede l’avvio di stagione, la giornata dall’aria di primo giorno di scuola in cui la Federazione svizzera di sci desidera (cit. l’invito spedito alla stampa) dare l’opportunità di intrattenersi con atleti e allenatori, si rivela un tour organizzato con itinerario prestabilito e programma scandito al minuto; la cui pianificazione occupa alcuni metri di una parete: fogli e fogli con l’agenda di un giorno nel quale, realizzi, quello con ‘te’ è uno di molti impegni per gli atleti. Dal mattino al tardo pomeriggio i migliori sciatori alpini rossocrociati, slalomeranno tra shooting fotografici, riprese video, incontri con sponsor e domande dei giornalisti. 

'Valon mi aiuta in tutto'

Lara Gut è reduce da due anni complicati, «in cui in gara non provavo più la sensazione di avere tutto in mano e divertirmi». Della scorsa stagione si porta dietro «un tubo. Il momento di capire cosa migliorare era la primavera; in estate ho lavorato tecnicamente e macinato chilometri sugli sci per tornare a esprimermi libera in competizione. È questa percezione che mi ha sempre permesso di essere veloce». Dopo gli anni degli allori (culminati con la Coppa del Mondo 2016), la ticinese s’è infortunata nel febbraio 2017. Al rientro ha dovuto fare i conti con risultati anche incolori. Cadute sportive da cui si è rialzata – dice senza esitare – grazie alla famiglia. «Nello sport s’investe un’enormità di energia, sforzi e ore. Quando vinci, dici che ne è valsa la pena; ma quando raccogli delusioni o fai passi indietro, devi ingoiare e continuare. La famiglia ti fa capire che c’è altro. Se non te ne rendi conto, ti rimane un peso addosso. Io ho due genitori, un fratello e ora un marito che sanno farmi tornare il sorriso. Valon – il marito che cita in ogni intervista, da quando fu resa nota la relazione, ndr – mi aiuta in tutto: a trovare l’equilibrio, a riportarmi alla realtà quando mi perdo in un bicchier d’acqua pensando solo a una gara andata male. Il suo addio al Sion? Non sono manager né agente: desidero che lui sia felice e lo è di nuovo. Per me è importante tornare a casa e stare bene. Sono sicura che lui e io riusciremo sempre a trovare un posto in cui sentirci felici assieme».

'Sto bene fisicamente'

Alla nuova stagione agonistica si avvicina dopo un’estate «sportivamente intensa. Sto bene fisicamente e ho reagito positivamente al cambio del preparatore atletico. È la prima volta dall’inizio della carriera e mi ha dato slancio; ma il mio approccio è immutato: allenarmi mi è sempre piaciuto, perché sapevo a cosa mi avrebbe potuto portare in gara». I dubbi su quanta voglia abbia di continuare, li liquida come «un’assurdità. È sciocco mettere in discussione il futuro professionale di una persona che cresce. È come se un impiegato si sposasse e continuasse a ritenere prioritario il lavoro. Non ha senso, no? Però è ciò che si pretendeva che dicessi io quando mi sono sposata. Essere felici in privato non va a scapito della propria attività, tutt’altro. Se non avessi più passione, perché starei in giro tutto l’anno? Sono fortunata a vivere di un mestiere che non è per tutti e non so se quelli pronti a fare i saccenti, sarebbero in grado di affrontare una settimana come la nostra. Non dico che sia più o meno dura di altre professioni, ma i sacrifici ci sono. Come rinunciare a molti momenti con mio marito». Più che i giudizi negativi («la prima a essere critica con me stessa sono io: non mi sono mai nascosta dietro un dito quando le cose vanno male»), «proprio» non sopporta, né ora a 28 anni «né a 18, i vari ‘esperti’ che però non hanno mai fatto nulla. Molti non si rendono conto che siamo persone e si permettono di attaccare la mia vita privata: prima mio papà, ora il matrimonio. In passato ho provato a sorridere anche quando ero ferita, ma andava solo a scapito mio. Dovrei imparare a fregarmene, tanto più che credo sia energia sprecata per quattro stupidi».